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martedì 05 novembre 2024 | ore 03:54

"Basta. L'amore che salva e il male insopportabile"

In libreria e online "Basta. L'amore che salva e il male insopportabile", la proposta pastorale 2024-2025 dell'Arcivescovo Mario Delpini.
Proposta pastorale 2024-2025

È disponibile da oggi nelle librerie cattoliche la Proposta pastorale 2024-2025 dell’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, dal titolo “Basta. L’amore che salva e il male insopportabile” (Centro Ambrosiano, pp. 60, euro 4). Il testo della Proposta è liberamente accessibile anche dal portale diocesano. È lo stesso Arcivescovo a spiegare, nell’Introduzione, il significato di un titolo provocatorio: «La Proposta pastorale invita a rinnovare la fiducia nella grazia di Dio che basta per perseverare nella vita cristiana e propone di dire “basta!” al male con cui i figli degli uomini tormentano gli altri e se stessi».
Richiamando la Lettera di san Paolo ai Corinzi e gli scritti di santi come Teresa d’Avila e Ignazio di Loyola, mons. Delpini spiega che «lo smantellamento della nostra superbia apre uno spazio in cui si fa percepibile in modo limpido che tutto è frutto del dono del Signore, potenza sua che si manifesta proprio nella nostra debolezza (…). Questo ci dona anche la chiarezza e il coraggio di dire “basta” a quanto fa dimenticare il dono del Signore o a quanto lo contrasta esplicitamente». Dopo avere ricordato che «il centro della proposta pastorale è sempre l’anno liturgico, ossia la celebrazione del mistero di Cristo, che si distende nell’arco temporale dell’anno» e avere richiamato la necessità di «evitare un consumo individualistico della Messa», l’Arcivescovo ricorda che il prossimo anno pastorale, al via nella Diocesi il 7 settembre, sarà quello dell’introduzione della seconda edizione del Messale Ambrosiano, «occasione per riprendere il tema del celebrare, per rendere le celebrazioni attrattive ed edificanti per tutto il popolo di Dio». Vengono poi citati, e collegati al tema della Proposta, altri due appuntamenti del nuovo anno: la canonizzazione di Carlo Acutis («Invito a guardare al giovane Carlo per diventare con lui amici di Gesù, per riconoscere che le debolezze personali sono il luogo in cui si manifesta la forza misteriosa di Dio») e i 1.700 anni dal Concilio di Nicea («Nei primi secoli della storia della Chiesa i cristiani hanno molto pregato, pensato, sofferto per difendere l’essenziale verità a proposito di Gesù, vero Figlio di Dio che ci rende figli di Dio»).
Ma il 2025 sarà caratterizzato, soprattutto, dal Giubileo della Chiesa universale, al via il prossimo 24 dicembre. Richiamando la tradizione biblica della sospensione dello sfruttamento intensivo della terra, l’Arcivescovo, nel capitolo intitolato “Lasciate riposare la terra”, scrive: «La tradizione operosa che caratterizza le nostre comunità e l’inclinazione spontanea degli operatori pastorali sono esposte alla tentazione di diventare un protagonismo frenetico. Ritengo pertanto doveroso richiamare a riconoscere il primato della grazia e quindi l’irrinunciabile dimorare nella dimensione contemplativa della vita, nell’ascolto della Parola e nella centralità della Pasqua di Gesù che si celebra nell’Eucaristia». Dunque, aggiunge, «nell’anno giubilare è opportuno che ci sia un tempo, per esempio il mese di gennaio, non tanto per ulteriori riunioni e discussioni, ma per sospendere, per quanto è possibile, le attività ordinarie e vivere un “tempo sabbatico”, dedicato non a fare qualche cosa, ma a raccogliersi in una preghiera più distesa, in conversazioni più gratuite, in serate familiari più tranquille».
Il Giubileo e, più in generale, «l’annuncio della salvezza, la proclamazione del Vangelo, la pratica della lectio perché la Parola di Dio sia lampada per il cammino della vita, invitano ad accogliere il dono della vita nuova. La “vita vecchia” è insopportabile: basta con il peccato!». Da qui, anzitutto, un richiamo a dedicare una speciale attenzione al sacramento della Riconciliazione, «esposto al rischio di un’enfasi sproporzionata sul “dire i peccati”, piuttosto che sul celebrare la grazia del perdono. È esposto anche al rischio di essere una pratica troppo individualistica. Pertanto è saggio proporre, motivare e curare la celebrazione comunitaria della Riconciliazione con confessione e assoluzione individuale».
Dalla dimensione personale e comunitaria del peccato, la riflessione dell’Arcivescovo si sposta poi su quella sociale, con riferimento in particolare ai conflitti in corso: «Noi figli e figlie di Dio, discepoli di Gesù e tutti gli uomini e le donne di buona volontà e di buon senso ­- scrive tra l’altro mons. Delpini - dobbiamo essere uniti nel gridare: basta con la guerra! La fiducia nell’umanità, nelle istituzioni, nella cultura, nelle religioni è messa a dura prova. Ci sembra di essere inascoltati da politici impotenti e forse inclini piuttosto a incrementare gli armamenti che a costruire la pace». Seguono alcuni suggerimenti su come le comunità cristiane potrebbero concretamente promuovere una educazione alla pace.
Il documento è poi completato da una seconda parte - “Annuncio, missione, sinodalità: ricòrdati del cammino percorso” - in cui l’Arcivescovo ripercorre i passi compiuti in questi anni dalla Chiesa ambrosiana «con l’intenzione di mettere al centro la missione, così da farne memoria riconoscente, per rilanciare il suo cammino, in obbediente ascolto a quanto il Sinodo dei Vescovi e il cammino sinodale delle Chiese in Italia ci stanno proponendo». Vengono quindi ricordate tappe fondamentali come la creazione delle Comunità pastorali (sotto l’episcopato del cardinale Tettamanzi), la celebrazione del Sinodo minore “Chiesa dalle genti” e più recentemente la creazione delle Assemblee sinodali decanali e il rinnovo dei Consigli pastorali di Parrocchie e Comunità pastorali. «In una società innovativa, operosa, aperta e insieme incerta, spaventata, disperata - conclude mons. Delpini -, insieme con tutta la Chiesa italiana la nostra comunità cristiana ambrosiana vive la fecondità del seme, del sale, del lievito perché si conferma e si riconosce come il tralcio unito alla vite che solo così può portare molto frutto, secondo la promessa e lo stile di Gesù».

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