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giovedì 25 aprile 2024 | ore 22:48

"Ema mi ha salvato..."

Papà Gianpietro: suo figlio Emanuele è morto gettandosi in un fiume dopo avere assunto una droga. "Se non ero riuscito a salvarlo, dovevo provare a salvare altri giovani".
Storie - Papà Gianpietro durante l'incontro all'istituto 'Torno' di Castano

“Avrei voluto salvare Emanuele, ma alla fine è stato lui a salvare me...”. Papà Gianpietro ha una forza incredibile. Niente e nessuno potrà mai più riportargli il figlio, ma dentro il suo cuore e la sua testa c’è la consapevolezza che il suo Ema è come se fosse sempre al suo fianco. Nella quotidianità, ancor di più ogni volta che va nelle scuole, nelle piazze, negli oratori, ecc.. “Certo, Emanuele ha fatto un gesto estremo, si è gettato in un fiume dopo avere preso una droga sintetica e io quando mi sono trovato sul posto, ad un’ora esatta da quei terribili momenti, avevo due possibilità: lasciarmi andare, buttarmi via per sempre e raggiungerlo, oppure provare a dare un senso più grande alla mia vita. Se non avevo salvato mio figlio, dovevo provare a salvare altri giovani”. Sei anni sono passati dalla tragedia, era il 24 novembre 2013. “Ricordo il momento del mio arrivo al fiume - continua - Le luci delle ambulanze e dei mezzi di soccorso e mia moglie sorretta da una persona, perché stava svenendo. Poi, ecco che il mio sguardo è andato a quel ragazzo, l’amico di Ema, che era lì che piangeva (poco prima l’aveva visto lanciarsi nel fiume), quindi il panico che saliva nella mia gola e nel mio stomaco, la voglia di entrare anche io. Momenti atroci, dove la morte ti attraversa dalla testa ai piedi”. Ma, come detto, il dolore e la disperazione si sono, successivamente, trasformate in occasioni per altri giovani e per le famiglie. “Dopo i primi due giorni durante i quali vivi la follia - conclude - Ho sognato che raccoglievo Emanuele da quell’acqua e lo portavo in salvo, però, nel tirarlo fuori, capivo che non ero stato io ad aiutarlo, bensì era lui che stava salvando me. Da lì, quindi, ho capito che cosa avrei dovuto fare: dedicare la mia vita ai giovani, andare ovunque a raccontare, attraverso la nostra storia, il valore della vita, creando nel contempo la Fondazione ‘Ema PesciolinoRosso’, con la quale ho cominciato a girare. In 5 anni ho tenuto più di 1350 incontri, appuntamenti che mi piace definire ‘speciali’, perché il legame che si crea è qualcosa che va oltre le parole. Gli abbracci dei ragazzi, le frasi che mi sussurrano all’orecchio, qualcuno mi dice mi hai salvato la vita, mi hai fatto capire cose che non avevo mai pensato e cercherò di essere migliore da domani, ecco quando sento queste parole o ricevo anche solo un semplice abbraccio, mi rendo conto che un pezzettino di mio figlio è entrato nel loro cuore e magari li renderà migliori”.

L’INTERVISTA A PAPÁ GIANPIETRO

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