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venerdì 29 marzo 2024 | ore 13:51

Un leader di nome Francesco

Attualità - Papa Francesco a Lesbo

Vi sono gesti, parole, segni e momenti che segnano la storia. Vi sono persone che con il loro agire e la loro lungimiranza segnano un solco tra l'oggi e il domani. Quanto avvenuto all'Isola di Lesbo (Grecia) è un momento cruciale per l'Occidente così inteso. La storia, insegna, crea sempre distinzione tra i pochi leader che segnano le epoche e i tanti politici che si aggrappano alla demagogia. Papa Francesco prosegue con il suo credo, fatto di aperture al prossimo, misericordia compassionevole verso chi soffre, sguardo aperto alle estreme periferie, coraggioso abbraccio e riconoscimento, anche nei mussulmani e nei credenti delle altre religioni, del principio di credere in un unico Dio. Il suo grido, alle volte difficile da comprendere nella stessa Chiesa (che siano preti di paese o Vescovi), non cade mai nel vuoto. E' radicale, forte, sicuro: sa di andare contro l'opinione pubblica dominante. Ma lo fa con sicurezza, consapevolezza e coraggio. Anche chi un tempo lo criticava per le sue aperture 'buoniste', non ha più elementi a cui aggrapparsi. Quando Papa Francesco invita ed esorta a fare qualcosa, è lui il primo a farla. La valigetta di lavoro (senza portaborse), le auto umili, lo stare tra la gente, fino al gesto rivoluzionario di riportare da Lesbo 12 immigrati (non un generico 'accogliamo', ma è lui stesso ad aprire le porte del Vaticano dopo aver invitato ogni parrocchia a farlo). Perchè l'ha fatto? "Faccio un plagio e rispondo con una frase non mia - ha risposto Francesco - Avevano domandato lo stesso a Madre Teresa: tanto sforzo, tanto lavoro, solo per accompagnare a morire? Quello che lei fa non serve…Lei rispose: è solo una goccia d’acqua nel mare, ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso. È un piccolo gesto, ma uno di quei piccoli gesti che tutti noi uomini e donne dobbiamo fare per tendere la mano a chi ha bisogno". Un leader, dicevamo. Sì, perchè in questo momento è facile trovare consenso fomentando la paura, rinchiudendoci dietro muri in cui vorremmo, in realtà, stessero gli stessi migranti. Ma i leader (politici prima che religiosi, e qui dopo Giovanni Paolo II abbiamo di nuovo un Papa che segna e anticipa la storia) sanno guardare avanti, scrutare il cuore del problema. Accordi farlocchi per bloccare questo esodo non reggeranno, servono riforme strutturate e un drastico cambio di mentalità e approccio. E questi veniamo a un altro aspetto: il ricordo, la storia. I campi che il Papa, con il patriarca di Costantinopoli e l'arcivescovo di Atene, hanno visitato ricordano altri campi che segnarono la seconda Guerra Mondiale. Papa Bergoglio ricorda. Forse come pochi hanno il coraggio di fare: lui è discedente di immigrati italiani, piemontesi. I nostri immigrati sono ovunque: scienziati e politici in America, imprenditori in Sud America, negozianti e ristoratori in giro per l'Europa. Solo nell'area di Londra si contano quasi 200.000 italiani. Se gli altri Stati avessero chiuso le porte sarebbero in Italia senza un futuro certo... Vi è poi, infine, un'ultima verità: i politici normali raccontano solo il bello o quello che vogliono 'vendere' per trovare consenso; i leader sanno piangere, come di fronte ai disegni dei bambini che ricordano i parenti morti in mare.

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