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Èbastato un colpo di benna sotto un marciapiede perché, in un ordinario pomeriggio di lavori per la posa della fibra ottica, riaffiorasse un frammento di storia. E’ successo in via Mazzini, a Busto Garolfo, dove gli operai impegnati nello scavo hanno riportato alla luce il tronco di una statua femminile. Un ritrovamento inatteso, che ha immediatamente attirato l’attenzione del Comune e, soprattutto, della Soprintendenza Archeologica di Milano. Non si tratta di un reperto antico in senso stretto, ma nemmeno di un semplice scarto da giardino. Gli esperti della Soprintendenza, intervenuti nelle ore successive, hanno infatti stabilito che l’opera ha probabilmente oltre un centinaio d’anni: abbastanza da rientrare tra i beni culturali che necessitano di tutela e catalogazione. La statua, priva della testa, del braccio sinistro e delle gambe, raffigura con buona probabilità una figura femminile avvolta da una veste leggera, con il braccio destro ancora visibile e un seno scoperto. Un soggetto classico, forse ispirato alle divinità della tradizione greco-romana. Risalire alla sua origine, per ora, è quasi un gioco di ipotesi. L’idea più plausibile è che appartenesse a una villa o a un giardino privato, forse uno di quelli che un tempo impreziosivano le zone residenziali del paese. Meno probabile, invece, la provenienza da un luogo di culto, proprio per la natura non religiosa della raffigurazione. Resta però un interrogativo affascinante: come è finita una statua di inizio ’900 sotto un marciapiede di via Mazzini, laterale di via Cadorna, la strada che unisce la chiesetta di San Remigio al cuore storico del paese? Per ora il reperto è custodito al comando della Polizia locale, in attesa che la Soprintendenza indichi i prossimi passi. “Rimarrà comunque a Busto Garolfo”, assicurano dal Comune, che ha già manifestato l’intenzione di valorizzare l’inatteso ritrovamento una volta completate le verifiche. Un frammento di passato emerso dal sottosuolo, dunque, capace di restituire alla comunità un pezzo della propria storia. E di ricordare, ancora una volta, quanto il territorio – anche nei punti più insospettabili – possa custodire piccole sorprese cariche di memoria.
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