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venerdì 03 maggio 2024 | ore 02:37

In Curva Sud per il 'diavolo'

L'intervista a Giancarlo Capelli, per tutti il 'Barone', esponente storico della tifoseria del Milan. La prima volta allo stadio di San Siro, le trasferte e il futuro.
Sport - Giancarlo Capelli, detto il 'Barone' (Foto Eliuz Photography)

Nome: Giancarlo. Cognome: Capelli. Ma per tutti solo e soltanto il ‘Barone’. Molto più di un semplice soprannome, bensì un vero e proprio punto di riferimento quando si parla di tifoserie e in modo particolare di colori rossoneri. Dici Milan, insomma, (inteso, dunque, come supporter e sostenitori) e subito la prima persona che ti viene in mente è proprio lui. E, in fondo, diversamente non potrebbe essere, perché appunto Giancarlo o il ‘Barone’ è uno degli esponenti storici della curva. Il cuore che batte da sempre per il diavolo, i colori rosso e nero tatuati sulla pelle e nell’anima e una vita allo stadio, al fianco della squadra. Già, lo stadio (San Siro), in fondo quasi la sua seconda casa… “Beh sì è così ormai da oltre 50 anni – racconta – Da quando ho cominciato a seguire il Milan. Oggi ho 69 anni, se pensate che ne avevo 14 – 15 la prima volta che ho visto una partita dei rossoneri. Eravamo un gruppo di ragazzi, poi col passare del tempo siamo cresciuti, si sono aggiunti nuovi giovani e gente di ogni età e si sono create le varie tifoserie. In quei periodi (gli anni ’60 e ’70) il pallone era lo sport più seguito, ma spostarsi per andare a vedere una partita era tutt’altro che semplice. Io sono nato a Porta Venezia e mi ricordo che per raggiungere San Siro si impiegava anche un’ora, un’ora e mezza. Non c’erano mica tanti mezzi pubblici come adesso. Oggi a livello di trasporti è molto più facile, le difficoltà arrivano invece per quanto riguarda ad esempio l’acquisto dei biglietti oppure per alcuni vincoli”. Barone, tu eri uno di quelli che guidava la curva durante le varie sfide di campionato e di coppa: chissà quanti dirigenti, giocatori e allenatori hai avuto modo di conoscere? “Ci sono state annate belle e altre meno, dopotutto il calcio è così – continua – Però una cosa era sicura: noi c’eravamo, perché chi ama davvero la sua squadra non l’abbandona mai. I ricordi sono tantissimi, certamente la presidenza Berlusconi è quella che occupa un posto principale nel mio cuore. C’era grande disponibilità e coinvolgimento. Le gare vere e proprie, gli incontri con i calciatori, con alcuni componenti della dirigenza o con lo stesso presidente. Ci sono stati anche momenti nei quali abbiamo fatto servizio d’ordine a Milanello oppure quando si viaggiava con gli atleti per andare a giocare in trasferta. Ho girato il mondo intero: America, Canada, Giappone, senza contare i Paesi europei e sono stato negli stadi definiti più a rischio”. Il supporto della Sud, insomma, non mancava e non manca mai. “Già! Siamo un gruppo che riunisce diverse teste e persone (giovani e meno giovani); ogni giovedì ci ritroviamo per la riunione settimanale e organizziamo l’appuntamento con la partita del fine settimana – ribadisce il ‘Barone’ – E’ in queste occasioni che si studiano le coreografie e alcune ci vogliono mesi per realizzarle. Ad esempio, quella sui 30 anni di presidenza Berlusconi quando i ragazzi ci hanno lavorato, a tempo pieno (dandosi i cambi), per un mese. Devi pensarla e quindi inizia l’attività specifica di creazione, ma non è semplice, perché molte di queste occupano tanto spazio e devi trovare allora appositi luoghi affinché non siano viste in anticipo, altrimenti verrebbe meno la sorpresa”. Coreografie, cori, trasferte e partite in casa, la vita delle tifoserie organizzate (la potremmo intitolare così). Ancora un’altra domanda, però, te la dobbiamo fare: c’è chi sostiene che proprio le tifoserie sono il male o la rovina del calcio, cosa ci dici? “Vi rispondo subito, ma prima ve la faccio io una domanda – conclude – Cosa intendono queste persone per rovina o male? Gli ultras vengono sempre o quasi associati a violenze e scontri. Siamo realtà molto numerose, è vero le cosiddette ‘mele marce’ ci sono, ma come le possiamo trovare in qualsiasi ambito. Ritengo brutto generalizzare ogni volta, non siamo assolutamente tutti così”. (FOTO ELIUZ PHOTOGRAPHY)

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