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venerdì 19 aprile 2024 | ore 16:45

La 'via' Carlo Maria Martini

Milano - Via dell'Arcivescovado, ora via Carlo Maria Martini

Tra gli Arcivescovi più amati, ammirati, seguiti. Da credenti e non. Il suo esempio e le sue parole ancora oggi sono di grandissima attualità e vicinanza. Il Cardinale Carlo Maria Martini ha segnato profondamente la storia della Chiesa e della Diocesi di Milano. E da ieri, 21 febbraio, la città gli ha riconosciuto, a ricordo, uno dei luoghi principali: la dedicata della via dell'Arcivescovado, proprio dietro il Duomo di Milano.
Ecco l'Omelia completa pronunciata ieri dall'Arcivescovo Angelo Scola: "1. «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Vangelo, Gv 4,15). L’acqua, fin dall’Antico Testamento, è simbolo di salvezza, di vita piena. Per i cristiani è l’acqua del Battesimo che dona la vita eterna. La vita eterna non si riferisce solo all’al di là, ma comincia già quaggiù. Commentando l’episodio evangelico papa Francesco afferma: «Secondo gli schemi sociali, Gesù non avrebbe dovuto nemmeno rivolgerle la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama» (Angelus, 23 marzo 2014).
La donna si riconosce svelata in profondità dall’amore con cui Gesù la guarda e la conduce alla confessione e alla conversione. Quanto è avvenuto per la Samaritana può sempre avvenire per ciascuno di noi.
2. Gesù si rivela alla Samaritana come Messia. La donna dà credito a questa rivelazione e corre ad annunciarlo a tutti. Vediamo che l’annuncio passa da esperienza ad esperienza, domanda la verità della persona e delle sue relazioni, chiede un’indomabile ricerca del bene: «E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Epistola, Gal 6,9). La vita così intesa è progressiva crescita della propria libertà e la morte ne è il compimento serio.
3. La figura del Cardinale Carlo Maria Martini è una testimonianza assai attuale di cosa sia questa instancabile ricerca del bene, tesa al compimento della propria personalità, alla sua riuscita, cioè alla santità. Da dove veniva al Cardinale questa passione per il bene? Certamente dalla solidità della sua esperienza di fede vissuta in famiglia e nell’appartenenza alla Chiesa attraverso la “Compagnia di Gesù”. Egli si conformò, fin da giovanissimo, ad Ignazio nella consapevolezza «che Dio è tutto e tutto può domandare».
In questa prospettiva si situa poi il suo percorso di studioso e di docente della Bibbia che gli ha dato una fama mondiale. Egli, però, la viveva, nel profondo della sua persona, secondo l’intensa espressione che volle incisa sulla sua tomba: «Lampada ai miei passi è la tua Parola e luce al mio cammino» (Sal 118,105). Questo “fare il bene” trovò per lui inaspettata e compiuta forma di dedizione integrale nel lungo ministero episcopale di cui abbiamo potuto godere non solo noi ambrosiani, ma la Chiesa intera. Dedizione documentata esemplarmente nell’offerta totale di sé nella malattia e nella morte.
Vorrei qui richiamare solo due dei doni che giudico tra i più rilevanti che il Cardinale ci ha lasciato in eredità. Anzitutto l’aver messo nelle mani dei credenti e non credenti le Sacre Scritture. Educò, in modo speciale, i sacerdoti ad una forma rigorosa, ma nello stesso tempo popolare, di lectio divina. Ha così contribuito a far comprendere a tutti quanto la Bibbia sia punto di riferimento per la cultura europea e non solo.
In secondo luogo, il Cardinale interpretò l’orizzonte autenticamente cattolico della proposta cristiana. Fu attore consapevole di un’apertura a 360°, teso all’incontro con tutti per compiere tutto il tratto possibile di cammino comune.
Dal suo Discorso al Comune di Milano, il 28 giugno 2002, quando si stava Milano - La via Carlo Maria Martinicongedando dalla sua missione episcopale, possiamo cavare una descrizione della città che resta, più che mai oggi, efficace e che reputo espressiva di un metodo di edificazione di vita buona: «La città è luogo di una identità che si ricostruisce continuamente a partire dal nuovo, dal diverso, e la sua natura incarna il coordinamento delle due tensioni che arricchiscono e rallegrano la vita dell’uomo: la fatica dell’apertura e la dolcezza del riconoscimento».
4. La Diocesi e l’Arcivescovo sono grati all’Amministrazione Comunale per aver preso la decisione di intitolare al Cardinale Carlo Maria Martini quella che è stata fino ad oggi Via dell’Arcivescovado, una via storica che fiancheggia il Duomo, cuore della Chiesa ambrosiana, centro ed emblema di tutta la vita cittadina.
Il gesto che compiremo tra poco implica per tutti noi precise responsabilità.
Anzitutto per noi cristiani. Guardando alla figura del Cardinale non possiamo ritrarci dal dovere di una testimonianza che renda ragione in modo adeguato della “convenienza” umana del cristianesimo.
In secondo luogo responsabilità per tutti i cittadini e tutte le espressioni della vita civile. In questa società plurale, siamo chiamati a narrarci e a lasciarci narrare in vista di un costruttivo riconoscimento. Dobbiamo vivere insieme, scegliamo allora di vivere insieme, nello spirito di amicizia civica che è il cemento della polis.
Infine la responsabilità che riguarda le autorità istituzionali, a tutti i livelli. Hanno il gravoso compito di custodire la democrazia, in questo “cambiamento d’epoca”, non privo di gravi ferite e di inediti interrogativi.
5. Il Prefazio della Santa Messa di oggi ci farà pregare con queste parole: «Cristo Signore nostro, a rivelarci il mistero della sua condiscendenza verso di noi, stanco e assetato, volle sedere a un pozzo e, chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio» (Prefazio). Dio stesso, come ci ha testimoniato Gesù, ha sete dell’uomo, ha sete di ciascuno di noi. Amen".

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