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Delpini incontra i migranti cattolici

Nella Diocesi sono circa quaranta le comunità di stranieri cattolici: la più rappresentata è quella filippina; secondi per numero i latino-americani.
Milano - Delpini incontra i migranti cattolici

Mercoledì 21 dicembre, alle 20, nella Basilica di Santo Stefano, dopo una sospensione di due anni torna l’atteso e tradizionale incontro tra l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, e i fedeli delle cappellanie estere cattoliche.

Se negli anni scorsi questa occasione si riduceva a un breve momento di dialogo con i soli rappresentanti delle cappellanie prima della celebrazione dei Vespri di Sant’Ambrogio, il 6 dicembre, questa volta, su invito di mons. Delpini, l’incontro sarà più strutturato e aperto a tutti i migranti interessati a partecipare. Dopo una preghiera natalizia nella Basilica di Santo Stefano, l’evento si concluderà con un momento di festa, scambio di auguri e brindisi finale.

Nella Diocesi sono circa quaranta le comunità di stranieri cattolici: la più rappresentata è quella filippina che, solo a Santo Stefano, parrocchia “personale” dei migranti nella Diocesi, conta otto comunità. Secondi per numero i latino-americani, in particolare i salvadoregni. In espansione, per ragioni comprensibili, anche gli ucraini che dopo il trauma iniziale della guerra si stanno stabilizzando nel territorio, mentre la comunità di migranti più antica in Diocesi è quella etiope-eritrea, già presente dalla fine degli anni ’70.

Le organizzazioni cattoliche di stranieri fanno capo a 24 cappellani che seguono diverse comunità strutturate con differenti tipologie: le parrocchie “personali”, le cappellanie, le missioni “in cura d’anime”.

Nella vita delle comunità straniere di fedeli le difficoltà più significative, spiega don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei migranti e parroco di Santo Stefano, «sono quelle relative al rapporto generazionale. Tra i giovani c’è chi è nato nel proprio Paese di origine e chi in Italia, non esiste un modello di riferimento univoco. È più rappresentativo, invece, il rapporto tra padri e figli, dove la fatica vera è la differenza culturale anche quando la fede, in maniera sentita, è praticata da parte di entrambi».

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