meteo-top

Milano / Malpensa

Malpensa Cielo coperto
Ven, 29/03/2024 - 13:20

data-top

venerdì 29 marzo 2024 | ore 13:35

"Caro zio Sergio, il virus ti ha portato via..."

La commovente lettera della nipote di Sergio Corolli, morto per Coronavirus. "Dopo 43 giorni di battaglia serrata iniziata il 22 marzo, alla fine ha vinto lui... il virus".
Castano Primo - Sergio Carolli con la famiglia

"Caro zio Sergio, dopo 43 giorni di battaglia serrata iniziata il 22 marzo, alla fine ha vinto lui... il virus. Ha vinto su di te, una persona che non meritava un calvario simile. Certo nemmeno noi meritavamo quel nostro 'piccolo calvario', lʼaspettare con ansia le 17.30 di ogni santissimo giorno, momento in cui lʼospedale di Legnano doveva chiamare il tuo genero medico per aggiornarci su come stavi; ma è cosa infima di fronte alla tua pena ormai finita. Lo chiamo genero, mio marito Ludovico, poiché tu per me eri come un padre, e per tutta la mia vita sei stato decisamente più di mio padre. Con quella chiamata venivano passate informazioni 'in medichese stretto' per poi essere tradotte per noi ignoranti in materia, per i quali lʼimportante non erano di certo i dettagli di analisi del sangue o altri esami, bensì solamente un dato più basilare: la risposta al nostro “Ma è migliorato??”. Persino lui da lontano cercava qualsiasi modo per aiutarti proponendo spunti clinici e confrontandosi nel suo piccolo con i suoi colleghi; a volte con quelli “più rari” che gli davano lo spazio per un sano confronto, qualche volta con specializzandi un poʼ più impacciati, qualche volta con un collega mai sentito prima, e tante altre volte con quelli ahimè più boriosi e meno concilianti, con il cui solo disfattismo erano in grado (una volta tradotti) di ribaltarci lʼumore di tutta la nottata a seguire. E così è stato, per tutti questi giorni trascorsi con lʼansia di ricevere un bollettino di guerra, della tua personale guerra, fatta di alti e bassi, bassissimi.. di piccole vittorie sul tuo stato critico, che a volte che ci faceva esultare del piccolo e sperare nel grande. Abbiamo passato un intero mese e mezzo in cui ad ogni telefonata fuori orario eravamo assaliti da quel brivido che ti prende lo stomaco: la routine e lʼansia dellʼattesa avevano creato una “fobia da suoneria del cellulare del post 17.30”. E pensare che è stata una sola la telefonata fuori orario ad avvisarci del tuo ultimo peggioramento. “È lʼacidosi”, diceva mio marito. “Che sarà mai??”.... ma suonava già brutta dal nome. Grazie a Dio, almeno la piccola consolazione di aver avuto quel giorno il confronto con una gentilissima anestesista, che ti ha tenuto la mano ci ha dato spontaneamente lʼopportunità di “parlarti” un ultima volta, pur sapendo noi che non potevi terrenamente sentirci. Ti ringrazio di cuore per tutto, perché sei stata appunto tra i 'più rari'. Zio, ci abbiamo creduto fino alla fine, anche dopo aver capito che la medicina in fondo, per quanto auspicante a scienza oggettiva, resta comunque ancorata anche al punto di vista proprio di ogni medico che guarda il paziente. Ci abbiamo creduto tanto, abbiamo avuto tantissima fede, magari anche da stupidi sognatori... Pregando ognuno il suo dio, meditando... cosʼaltro ci rimaneva da fare, se non nutrire la fede e la speranza, più umane di ogni medicina? Hai aspettato il momento che ricelebrassero i funerali in chiesa per andartene, giù da qualche giorno avevo questo sentore; sembra proprio che tu lʼabbia fatto apposta a tirare il 3 maggio, visto che in vita hai sempre sottolineato lʼimportanza di un funerale degno; come sai e come immagini non sarà in pompa magna coi crismi desiderati, ma almeno avrai avuto “lʼonore” di poterlo celebrare visto che molti tuoi amici castanesi caduti in questa battaglia non hanno avuto come te questa fortuna; un poʼ come il Canziani, tuo compagno di “mangiate al campo sportivo”, o meglio “Canziàn” come lo nominavi spesso ogni volta che ci portavi degli avanzi dei vostri ragù o zuppe di pesce che cucinavate al campo e che ora forse potrai riabbracciare, mentre noi da qui rivolgiamo alla sua famiglia le nostre condoglianze. Che altro dire, zio? Mille volte ci siamo chiesti dove tu abbia incontrato questo tuo ultimo male e perché questo sia riuscito a entrare a tal punto da portarti a lasciarci. Più volte abbiamo ipotizzato, pensato, immaginato, supposto e tuttʼora non ci capacitiamo del come. Ma come intuibile, non ci capacitiamo sopratutto del “perché proprio a te?”, conoscendo tutta la tua storia di altruismo e sacrificio. Questo vostro fatale incontro ci ha dato piena conferma della pericolosità di questa bestia, di come si nasconda tra la gente ed agisca moltissime volte indisturbato. Ovviamente non cʼè lʼho con lui, poiché i virus fanno questo per loro natura. Si moltiplicano, sopravvivono. E noi stessi per nostra natura, per sopravvivere, dobbiamo agire contro di lui con le armi che abbiamo, con distanza buonsenso e mascherine, oltre che con il nostro bagaglio immunitario spesso provato da unʼalimentazione impoverita. Ma niente di tutto questo ci salva in modo matematico, e tu ne sei la prova: tu non eri un anziano 'fragile', eppure ti ha incrociato e ti ha portato via, con una semplicità disarmante e quasi diabolica. Il nostro impegno è quello di non sottovalutare il rischio, soprattutto ora in questa palese euforia da liberi tutti. Ironico come nel nostro viaggio fino allʼimpresa funebre il 4 mattina, giorno “della libertà”, la città fosse una fiumara di persone, quasi spensierate, quasi uscite dalla gabbia. Ma molto probabilmente, persone non toccate da vicino. La notte dopo la tua dipartita ho sognato di scrivere e di pubblicare questa lettera, ed eccomi qui. Ebbene, se ciascuno di voi lettori necessitasse di un motivo valido per impegnarsi in questa bizzarra lotta indiretta, pur non avendo tutti (per fortuna) un caro malato che gli abbia gridato in silenzio un intubato “STAI A CASA”, sento il dovere di affermare e di sperare che ciascuno di noi da oggi lo faccia almeno per il rispetto di tutta la tua generazione e di quelle più antiche, e di quella fetta di popolazione particolarmente esposta; e per il rispetto di loro stessi: violare queste semplici norme è un vero insulto alla propria e allʼaltrui dignità di essere umano. Costa poco, ma il prezzo da pagare poi è grande. Caro zio, sei stato un uomo semplice che ha vissuto una vita semplice. Hai aiutato tanto qui... continua a farlo anche da lì!.... Oppure riposati, perché te lo meriti. Ti vogliamo bene. (La tua famiglia e i tuoi adorati nipoti)

Sostieni


Siamo al lavoro per offrire a tutti un’informazione precisa e puntuale attraverso il nostro giornale Logos, da sempre gratuito. La gratuità del servizio è possibile grazie agli investitori pubblicitari che si affidano alla nostra testata. Se vuoi comunque lasciare un tuo prezioso contributo scrivi ad amministrazione [at] comunicarefuturo [dot] com
Grazie!

Invia nuovo commento