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venerdì 19 aprile 2024 | ore 23:36

L'amicizia de 'Le Braci'

Come lo definisce il critico letterario e scrittore Pietro Citati "Un libro straordinario per grandezza d’ispirazione e intensità di stile, da mettere accanto ai pochi libri bellissimi della sua epoca". Un romanzo che è un trattato moderno sull'amicizia.
Libro - 'Le Braci' (Foto internet)

Il romanzo “Le Braci” venne scritto nel 1942 dallo scrittore, giornalista e poeta Sàndor Màrai che è da annoverare tra uno dei più grandi maestri della narrativa mitteleuropea. Nacque a Kassa in Ungheria (oggi appartenente alla Slovacchia) da un’antica famiglia sassone. Rimase nella terra nativa per poco tempo, infatti per gli studi si trasferì a Lipsia dove principiò gli studi di giornalismo, per poi trasferirsi a Francoforte sul Meno e a Berlino senza mai però conseguire la laurea. In seguito iniziò a collaborare con il prestigioso quotidiano tedesco Frankfurter Zeitung per il quale nel 1923 fu inviato a Parigi come corrispondente. Nel 1928 ritornò in Ungheria dove nel corso del successivo ventennio iniziò a pubblicare una serie di opere tra cui si ricordano i Ribelli (1930), L’eredità di Eszter (1939), La recita di Bolzano (1940) e inevitabilmente Le Braci che come suddetto vennero pubblicate nel 1942. Fu costretto a fuggire nel 1948 dall’Ungheria; si rifugiò in Svizzera poi in Italia e infine negli Stati Uniti. Circondato dall’indifferenza e sempre più emarginato cadde in una profonda depressione, dovuta soprattutto alla morte della moglie e poco dopo del figlio, aspetto che lo porterà al suicidio utilizzando una rivoltella e le sue ceneri vennero sparse nel Pacifico. Dopo questa prefazione relativa alla vita, seppur in breve, di Sàndor Màrai necessaria per inquadrare il personaggio di cui si sta trattando, essendo ignoto a molte persone nonostante rappresenti un vero e proprio emblema nell’ambito della letteratura straniera, è possibile procedere con l’analisi del romanzo in questione. “Le Braci”, ad essere sinceri, non può essere definito come romanzo ma piuttosto risulta essere un trattato sull’amicizia. Si approfondisce questa tematica in una modalità estremamente puntigliosa, ragionata e avvincente come raramente uno scrittore contemporaneo è riuscito a fare salvo che non si faccia un lungo balzo indietro nel tempo fino a Cicerone nel suo “De Amicitia”. I protagonisti del libro sono essenzialmente tre: Konrad, Henrik e Krisztina. Attorno ai primi due sorse sin dall’infanzia un solidissimo legame di amicizia, sin dalla loro fanciullezza quando i due andarono a Vienna per frequentare il collegio militare fino alla vecchiaia sebbene entrambi abbiano fatto della loro vita qualcosa di diverso. Tra i due ragazzi nacque un rapporto caratterizzato da qualcosa di fatale, che di giorno in giorno deveniva sempre più profondo e affannoso a tal punto che i compagni lo notarono, ma mai nessuno si permise di prendersi gioco di loro poiché tra i ragazzi vi era qualcosa di fatale, così luminoso da scoraggiare qualsiasi sarcasmo. Un sentimento raro e disinteressato, difficile da ritrovare nei giovani di oggi, un sentimento così forte che non chiede soccorso né esige sacrifici in cambio. I due vivono uniti in un unico e forte legame di amicizia fino ad essere pressoché adulti, quando si trasferiranno a Vienna per il servizio militare ma tutto all’improvviso, il 2 luglio 1899, cambia irrimediabilmente quando durante una battuta di caccia Konrad tenta di uccidere Henrik e questa sarà una delle domande a cui si cercherà di dare risposta dopo quarantuno anni quando i due si rivedranno, poiché, in seguito a quel fatto nella foresta Konrad fuggirà ai tropici e rimarrà fino a quando si rivedranno nel castello di Henrik, ampiamente descritto già nei primi capitoli. Ebbene, da questo fatto nasceranno molte questioni; Perché Konrad fuggì in quel modo? Perché Kristina definisce Konrad come un vigliacco? Kristina, moglie di Henrik, avrà tradito quest’ultimo Konrad e forse sarà questo il movente del tentato omicidio? Kristina era a conoscenza di questo odio celato tra i due amici? Si deve restare fedeli alla proprie passioni o legami anche se ciò può significare distruggere la felicità propria e altrui? Sono tutti quesiti estremamente argomentati nel libro, i quali vengono trattati da prolissi e puntigliosi monologhi di Henrik, lasciando solo pochi attimi all’amico per rispondere. In ultimo, Konrad partirà per sempre sapendo che non rivedrà mai più l’amico e con lui se ne andrà anche la forza che fino a quell’istante ha tenuto i due in vita, nell’attesa di rivedersi e dare risposta a quesiti che sino a quell’istante erano stati misteri. Un romanzo straordinario e al contempo struggente, nel quale è racchiuso un tema, quello dell’amicizia che viene analizzato sotto ogni minima sfaccettatura ed è inoltre possibile riadattare pressoché qualsiasi riflessione all’attualità. L’aspetto che maggiormente emerge tra tutti è la divergenza di due concetti; l’amicizia e la simpatia. È questa una tematica alquanto rapportabile alla odierna, invero, nella società di oggi in cui ogni individuo è continuamente circondato da molte persone tuttavia sempre più solo, si è più volti ad istaurare legami di simpatia più che amicizia che naufragano alla fine nelle “paludi dell’egoismo e della vanità”. Infatti, il cameratismo e l’affiatamento assumono talvolta le parvenze dell’amicizia. Quindi, per sfuggire alla solitudine gli uomini indulgono a rapporti confidenziali effimeri, ipocriti e egoisti che si discostano totalmente dall’altruismo disinteressato di una veritiera e imperitura amicizia.

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