Milano / Malpensa

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Francesco si definì un “Papa venuto dalla fine del mondo” per le sue origini argentine e per la sua scelta così storica; per il suo ultimo viaggio, davvero da ogni parte del mondo, sono venuti a Roma per un’ultima preghiera, un ultimo saluto, un ultimo grazie. Nei giorni tra la morte e i funerali un flusso ininterroto di fedeli, per ore e ore in fila, hanno reso omaggio all’esposizione delle sue spoglie mortali; nel giorno delle esequie tutta piazza San Pietro, via della Conciliazione, le aree limitrofe e tutto il percorso tra Vaticano e Santa Maria Maggiore era pieno di pellegrini e fedeli. Una grande celebrazione di popolo, proprio come avrebbe voluto lui che con il popolo sempre voleva stare. La giornata di sabato 26 aprile segnerà così una nuova pagina di storia della Chiesa, una pagina triste e dolorosa, ma intrisa di Speranza. Che è quella Giubilare ma è anche quella dei fedeli che oltre a piangere Francesco sanno e percepiscono che la fede non si ferma e già attendono con fiducia il nuovo Papa. Per poter partecipare alle esequie son stati fatti tanti sacrifici, sia economici (visti i costi dei trasporti attuali) che logistici, ma ognuno dei presenti lo ha fatto con convinzione e grande partecipazione. Alcuni già dalla sera precedente, altri dalle prime ore del mattino: tutti in coda ai varchi della zona rossa per mettersi in fila. E alle 6, quando i primi raggi del sole illuminano la Capitale, le file ai tornelli sono già lunghe. Nella zona rossa tanti, tantissimi, mezzi e personale di sicurezza (polizia, carabinieri, polizia locale), gestione (protezione civile da ogni parte d’Italia), soccorso (ambulanze e volontari). Percorsi ben delimitati, controlli severi ma rapidi, attenzione ai particolari prima dell’ingresso da via della Conciliazione. A ‘step’ si procede, passo dopo passo, così come facciamo anche noi, per poi ritrovarci verso le otto del mattino nel centro di piazza San Pietro, a due passi dall’obelisco e aver il tempo di osservare e ascoltare le voci della piazza. Dai giovani che emozionati, ma sorridenti, testimoniano il domani della Chiesa; da famiglie arrivate dall’estero che ci dicono che “non potevamo mancare, lui si è sempre speso per tutti noi e ora è giusto essere qui”. Ci sono gruppi organizzati, scout, parrocchie, associazioni. Per ognuno, un ricordo di Papa Francesco: dall’attenzione all’ambiente all’abbraccio ai poveri e agli ultimi, dalla propensione verso le categorie più dimenticate alla sua umiltà. Commenti meno positivi quando sui grandi maxischermi, posizionati ovunque, anche al di fuori dei luoghi principali, compaiono i ‘potenti’ del mondo: “Quanta ipocrisia - il commento più comune - l’hanno sempre osteggiato o han sempre votato provvedimenti contro l’insegnamento del Papa ma ora sono qui”. Una distanza tra la gente e la politica che però oggi non lascia spazio alle polemiche, tanto che l’emozione è enorme quando si diffonde la foto storica tra Trump e Zelensky nella Basilica di San Pietro :”Il primo miracolo di Francesco”, il commento più comune. Poi è tempo solo di commozione e lunghi applausi durante i passaggi dell’omelia del Cardinale Re; dei ‘grazie’ negli striscioni a fine celebrazione; di preghiere silenziose per quel che Papa Bergoglio ha lasciato alla Chiesa in questi anni; ma soprattutto di Speranza per guardare avanti, come il Papa aveva voluto insegnarci.
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