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venerdì 19 aprile 2024 | ore 18:04

"La vostra sofferenza è anche la mia"

In quelle terre duramente colpite dal Covid-19 durante la prima ondata. L'Arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, in visita nei cimiteri per incontrare i fedeli e i cittadini.
Attualità - L'Arcivescovo durante la visita ad uno dei cimiteri

Tre parole (preghiera, speranza e cura) per far sentire tutto il suo sostegno e provare ad infondere un po' di luce in un anno certamente buio, difficile e tragico. L'Arcivescovo di Milano arriva attorno alle 16; la prima tappa è a Vercurago, poi da qui ecco che si sposta a Calolziocorte, Monte Marenzo, Erve e Carenno, piccoli centri della valle San Martino (tra le province di Bergamo e Lecco), le cui comunità ecclesiali appartengono alla diocesi orobica, ma che sono storicamente legate alla diocesi ambrosiana. Una visita in quelle terre e in quei luoghi messi a dura prova nella Attualità - L'Arcivescovo durante la visita primavera del 2020 dalla pandemia. Lì, dove, purtroppo, diverse sono state anche le vittime, lì, appunto, Monsignor Mario Delpini ha voluto incontrare i fedeli e i cittadini e ha scelto di farlo nei singoli cimiteri, proprio per essere ancora più vicino a chi, oggi, non c'è più e a tutti coloro che, nella lunga battaglia contro il virus, hanno perso un familiare, un parente o un amico. "Venendo qui - ha detto - voglio esprimere il mio partecipare al dolore di ognuno di voi. La vostra sofferenza è anche la mia; i vostri morti, sono i miei, però ci tengo a sottolineare come sotto la croce di Gesù, di un uomo giusto che ingiustamente muore, non ci sono parole di condoglianze, bensì di missione. Perciò, dentro di me c'è la responsabilità di pronunciare frasi che siano di Attualità - I fedeli per la visita dell'Arcivescovo conforto e di consolazione, non perché volgono lo sguardo e i pensieri indietro a lamentare l'assenza dei nostri cari, ma perché guardano avanti, ad invocare il tempo della speranza. Ecco, allora, qual'è il messaggio che voglio lasciare, per ribadire che il nostro dolore, il nostro lutto e la nostra desolazione, non devono indurci a riepagarci, a lamentarci e a deprimerci, piuttosto sono un punto di partenza per incoraggiarci a vivere in un modo nuovo". Tre, come detto, dunque, i punti del discorso sui quali focalizza l'attenzione. "Dobbiamo imparare ancora a pregare, per metterci in comunione con i vivi e con i defunti - ha continuato l'Arcivescovo - quindi, impariamo a sperare (la speranza cristiana non è l'aspettativa che le cose vadano un po' meglio, bensì è quella che ci spiega che noi non siamo fatti per la morte, ma per la vita. Infine, prendiamoci cura degli altri; la sofferenza che ci colpisce e che tocca gli affetti più stretti, può indurci a ripiegare sul nostro dolore, invece, sotto la croce di Gesù viene pronunciata questa frase "Ecco tua madre, prenditi cura di lei; ecco tuo figlio, prenditi cura di lui", bene è questo che dobbiamo comprendere, ossia prenderci cura del prossimo, senza ritenere che il nostro dolore sia il più grande del mondo e che, siccome ci siamo trovati a soffrire, abbiamo diritto di essere arrabbiati e risentiti con Dio e con tutto ciò che ci sta attorno".

IN VISITA AI CIMITERI. "PER LE VITTIME DEL COVID"

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