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sabato 18 maggio 2024 | ore 20:59

"Non abbandonate i cristiani iracheni"

Suor Luigina Sako, sorella del Patriarca di Baghdad, ci testimonia le preoccupazioni per i cristiani del suo Paese.
Attualità - Cristiani iracheni in fuga

"La situazione è davvero tragica e problematica. Il futuro di tante persone, da una settimana a questa parte, è sempre più fosco, anzi, se prima vi erano incognite per il futuro ora vi sono anche per il presente". Ha la voce composta, un italiano ben pronunciato e mente lucidissima: suor Luigina Sako , superiora delle suore caldee di Roma ci racconta e testimonia questi giorni neri per il 'suo' Iraq. Suor Luigina la contattiamo grazie a un rapido giro di chiamate che parte dal parroco magnaghese don Eugenio Nosotti che in più occasioni ha ospitato il fratello della religiosa: si tratta di Mons. Louis Sako, prima Vescovo di Kirkuk e ora Patriarca di Baghdad. "Ho sentito mio fratello giusto ieri - ci dice Luigina - oggi lasciava la capitale per raggiungere Ebril dove incontrerà il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, mandato appositamente da Papa Francesco". La religiosa, così come il fratello Vescovo, sono entrambi originari di Mosul, la città più 'cristiana' dell'Iraq: "La situazione è sempre più incerta, con croci divelte, chiese saccheggiate e distrutte e cristiani costretti alla fuga - ci racconta - alcuni mie consorelle sono state sequestrate per giorni prima di essere liberate e 'messe' su un taxi come chiaro invito ad andarsene per non tornare mai più. Io conosco gli iracheni, siamo un popolo che ha sempre convissuto con religioni diverse: i campanili e le croci non sono mai state nascosti e tanti, anche di altre religioni, sono sempre venuti a portare preghiere al Santuario della Madre dei Miracoli. Da piccola giocavo con bambine mussulmane, il tutto con grande naturalità. Ora... - sospira - sicuramente vi sarà qualche fanatico locale, ma credo che coloro che stanno cancellando secoli di convivenza vengano da altre parti". Secondo lei, è ancora possibile riportare un dialogo tra le parti? "Temo di no - ci dice - soprattutto perchè non vi è più un'autorità centrale forte che possa far pressioni. In questi giorni Stati Uniti ed altri Stati europei si sono attivati ma la situazione è davvero delicata, i cristiani vengono soccorsi solo dai cristiani ed ospitati nelle nostre chiese locali, ma senza aiuti non possiamo reggere". In molti, in Occidente, sottolineano come vi fosse più 'convivenza' con Saddam Hussein: "Purtroppo un po' è vero - commenta - in tanti in Iraq provano rimpianto. L'Occidente, dopo le guerre, non ha capito che ogni popolo ha il suo modo di governare e ci vuole tempo, molto tempo, per cambiare le cose. Una 'democrazia' così imposta porta al fanatismo di questi giorni". Ora, si può fare qualcosa di concreto per aiutare le popolazioni locali? "Il sistema migliore è quello di far riferimento alle 'Caritas'. Sono tante le organizzazioni attive ma credo sia meglio unificare gli sforzi, chi volesse e potesse può così contattare la propria Caritas locale per attivarsi con gli aiuti".

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