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martedì 23 aprile 2024 | ore 12:35

La quarantena al PalaCUS

L’altro lato di questa quarantena è chi, a emergenza già in atto, si è trovato costretto a una forma di isolamento del tutto particolare: all’interno di un centro sportivo chiuso.
Sport - La quarantena al 'PalaCUS'

Distanziamento sociale, nessun aggregamento e (soprattutto) restare il più possibile a casa. Sono queste le tre regole principali che sono state dettate dalle istituzioni per tentare di arginare il contagio da Coronavirus, in queste settimane di emergenza sanitaria. L’altro lato di questa quarantena è chi, a emergenza già in atto, si è trovato costretto a una forma di isolamento del tutto particolare: all’interno di un centro sportivo completamente chiuso al pubblico. È il caso di Filippo Vincenzi e Giulio Bernocchi, i due atleti del CUS Milano Canoa che dall’ultima settimana di febbraio stanno vivendo la quarantena da soli all’interno del PalaCUS Idroscalo, la sede del CUS Milano proprio sulle rive dell’Idroscalo. "L’inizio di questa emergenza sanitaria – raccontano Vincenzi e Bernocchi -, l’abbiamo vissuta in un modo molto diverso. Avevamo un ritiro con la società vicino Roma, a Sabaudia, quando è scoppiato tutto. È stato poco prima che noi partissimo per tornare indietro, abbiamo quindi vissuto i primi momenti da ‘lontano’. Questo ci ha però permesso di ragionare e capire che rimanere fissi al PalaCUS fosse la decisione migliore: ci aspettavamo che la struttura sarebbe stata chiusa al pubblico e che la situazione sarebbe peggiorata. Abbiamo vissuto questa situazione con consapevolezza, la cosa migliore da fare era non mettere a rischio famigliari e noi stessi. Rimanere ‘isolati’ al PalaCUS sembrava la soluzione più sicuro piuttosto che tornare a casa". Le famiglie dei due atleti del CUS Milano Canoa vivono a Cremona, una delle zone più colpite all’inizio dall’epidemia. Scegliere quindi di passare la quarantena all’interno di un centro sportivo è alquanto insolito, ma i due ragazzi assicurano: «Siamo in una situazione privilegiata, viviamo in una sorta di bolla qui dentro. È una realtà un po’ parallela, lontani dai pericoli, consapevoli dei problemi, ma al sicuro». Questa situazione premia la scelta di CUS Milano di aprire, quasi tre anni fa, una foresteria dedicata agli atleti, posta al secondo piano della palestra, ricavata dagli spogliatoi. "È un piccolo appartamento, con una stanza ristoro con cucina, televisione e un secondo ambiente con i due letti per riposare e le scrivanie per studiare». Ma non è tutto: Bernocchi fa parte della Nazionale U23 di velocità, mentre Vincenzi è un maratoneta senior. «La foresteria all’interno del PalaCUS per noi è importantissima. Ci ha permesso di cogliere l’opportunità di non entrare in un corpo di Stato e portare avanti obiettivi di vita in ambito di studio per il nostro futuro lavorativo. Questa soluzione ci permette di gareggiare a pari livello, con le stesse risorse, ai corpi militari, ma proseguendo i nostri studi universitari". Sì, perché oltre ad essere atleti di primissimo livello nel panorama nazionale della disciplina, Filippo e Giulio proseguono gli studi a Milano, città che li ha accolti rispettivamente da tre anni e uno e mezzo. Vincenzi è all’ultimo anno della specialistica in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, mentre Bernocchi frequenta, sempre al Politecnico, la triennale in Ingegneria dei Materiali. La foresteria è casa loro, una grossa opportunità che permette a entrambi di proseguire gli studi, pur praticando sport ad alto livello: "La nostra vita è qui a Milano: l’epidemia ha rotto le nostre abitudini perché nel weekend ora non torniamo più a casa". Così come tanti atleti in questi giorni di emergenza sanitaria stanno cercando di mantenere buoni livelli di allenamento a casa, anche Vincenzi e Bernocchi proseguono gli allenamenti in quella che a tutti gli effetti è casa loro: un PalaCUS completamente blindato e isolato. "Viviamo tutta questa situazione in maniera molto distante. Siamo tornati dal ritiro in un momento anomalo, prima di partire la struttura era affollata per l’affitto dei campi, mentre ora è vuota. Questa opportunità di vivere in un centro sportivo non ha di fatto cambiato molto i ritmi giornalieri. Organizziamo la giornata con orari fissi, creando un ritmo biologico per i carichi di allenamento alle 6:30 la sveglia, alle 8 allenamento fino a mezzogiorno, poi si pranza e si studia. Dalle 15 alle 17 allenamento pomeridiano e, di nuovo, ci rimettiamo a studiare prima di cena», spiegano. Un particolare modo di ‘restare a casa’, come indicato dalle autorità sanitarie: «Abbiamo uno schema giornaliero che è regolare. Anche quando questa emergenza non c’era, le circostanze ci hanno fatto vivere in maniera parallela. L’Idroscalo è in un contesto che è fuori dalla frenesia, adesso ancora di più: abbiamo la fortuna che tramite questa opportunità di vivere in un centro sportivo, le nostre vite non sono cambiate così radicalmente. Quelle che sono cambiate sono soltanto le abitudini di allenamento, che abbiamo rimodellato: rispettando le disposizioni, non possiamo scendere in acqua con le barche e ci teniamo in forma ‘in casa’ su una superficie ben diversa da a tanti altre che non hanno lo stesso privilegio". Ed è in questo contesto che lo studio, e il tempo dedicato ad esso, assume un ruolo molto importante nelle giornate dei due atleti. «Questa tipologia di programmazione degli allenamenti e della giornata ti permette di andare avanti sia con lo sport che con lo studio». Ma è sbagliato parlare di ‘opportunità’ di dedicare più tempo allo studio: «È importante usare le parole corrette perché ci sono persone che vivono grosse difficoltà in queste giornate», spiegano i due ragazzi. "Bisogna, piuttosto, utilizzare al meglio le risorse che si hanno in questo periodo. Non possiamo uscire in barca? Benissimo, valorizziamo altre cose. Lo studio è stato sempre travagliato per noi a Milano, per via del tempo: utilizzeremo questo per oltrepassare lo scoglio mentale che mi sono costruito e quindi studiare per gli ultimi 3 esami", aggiunge Vincenzi. Resta, in ogni caso, l’amarezza per una stagione messa in stand-by e che ancora non conosce il suo futuro, come per tutte le altre discipline: «Quello appena trascorso è il primo inverno in cui abbiamo investito entrambi nella stessa programmazione di allenamento. Quest’anno ci siamo riusciti e abbiamo formato un bel team, stavamo aspettando questa stagione agonistica perché ci sentivamo molto in forma. Ma nel rispetto di persone che stanno vivendo una situazione ben diversa dalla nostra, adesso la priorità è un’altra. In assenza per ora di un calendario agonistico, riprogrammeremo la prossima stagione e ci dedicheremo di più agli studi». C’è però il rimpianto legato al rinvio dei Campionati Nazionali Universitari, inizialmente in programma a Torino a fine maggio: "La canoa ha sempre vissuto questa manifestazione un po’ ‘da distaccati’, ma quest’anno saremmo stati anche noi a Torino. Il fatto che sono stati posticipati e non annullati ci lascia ancora qualche. Ci teniamo molto perché a differenza delle altre gare, i CNU sono un momento da condividere: questa era l’unica volta che avevamo la possibilità di l’esperienza con ragazzi di altre discipline, la stavamo prendendo con uno spirito di squadra ben diverso". Da parte dei due atleti del CUS Milano Canoa che stanno trascorrendo la loro quarantena all’interno del PalaCUS arriva infine un messaggio per il futuro: "Bisognerebbe utilizzare al meglio questo tempo per crearsi delle abitudini sane. Spero che la gente cambi le proprie abitudini dopo tutto questo. Il modo di vivere, di relazionarsi alle persone. Le rive dell’Idroscalo, per esempio, non sono mai state così tanto belle come nel periodo delle prime settimane della quarantena non forzata. Non bisogna dedicare tempo solo al lavoro, ma a tutto ciò che si sta coltivando".

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