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venerdì 16 maggio 2025 | ore 21:49

Dalla scelta del nome Francesco alla sua impronta nella Chiesa

Papa Bergoglio, con umiltà e determinazione, ha aperto la cristianità verso nuove sfide.
Roma - Papa Francesco passa ad un incontro dei giovani

L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro, il 13 marzo 2013, fu già di per sé un segno profetico. Primo Papa gesuita, primo latinoamericano, primo a scegliere il nome di Francesco: un nome che conteneva una visione, un programma, un appello alla Chiesa intera. Proveniva dalla “fine del mondo”, come lui stesso disse affacciandosi per la prima volta dalla loggia di San Pietro, eppure seppe parlare al cuore dell’umanità con parole semplici, gesti forti e una determinazione evangelica capace di lasciare un’impronta profonda e duratura. Fin dai primi giorni del suo pontificato, Papa Francesco diede segni inequivocabili della svolta che intendeva imprimere alla Chiesa: rinunciò agli appartamenti papali per vivere a Santa Marta, abbracciò gli ultimi, visitò carceri e ospedali, chiese “una Chiesa povera per i poveri”. Il suo stile pastorale si tradusse in una riforma concreta, spesso silenziosa ma radicale, nella Curia come nei cuori. La riforma non fu mai solo strutturale: fu spirituale, morale, culturale. Un invito costante a uscire, a camminare, a rischiare, a incontrare. Con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (2013), Francesco pose le basi di un pontificato missionario: la gioia del Vangelo come cuore della vita cristiana. Con Laudato si’ (2015) parlò al mondo intero di ecologia integrale, facendo dialogare fede e scienza, spiritualità e giustizia sociale. E con Fratelli tutti (2020) rilanciò il sogno di una fraternità universale, in un tempo segnato da divisioni, guerre e pandemie. Non fu mai un “papa ideologico”, ma profondamente evangelico: parlava più con i gesti che con gli slogan. Il suo rapporto con i giovani, i poveri, i migranti, i carcerati, i malati, i popoli periferici fu autentico e profondo. La scelta del Sinodo come metodo e stile di Chiesa segnò una delle sue eredità più forti: camminare insieme, ascoltarsi, discernere comunitariamente, superare clericalismi e autoreferenzialità. Il Sinodo sulla sinodalità (2021-2024) rappresentò l’apice di questo percorso, chiamando tutta la Chiesa a rinnovarsi nello Spirito. Papa Francesco non ebbe paura di affrontare le sfide più complesse: la crisi degli abusi, la questione delle donne nella Chiesa, il ruolo dei laici, il dialogo con l’Islam, l’apertura alle persone LGBTQ+. Le sue posizioni, talvolta contestate, furono sempre ispirate al Vangelo della misericordia. “Chi sono io per giudicare?”, disse nel 2013 parlando di un sacerdote omosessuale: cinque parole che cambiarono il tono del dibattito nella Chiesa e nel mondo. Il suo fu un pontificato anche segnato dalla sofferenza. Le difficoltà fisiche degli ultimi anni non fermarono il suo slancio. Continuò a viaggiare, incontrare, pregare, ammonire e consolare. Dalla Terra Santa all’Iraq, da Lampedusa al Sud Sudan, il Papa dei gesti percorse le periferie del pianeta come un pellegrino di pace. Le sue parole contro la “terza guerra mondiale a pezzi”, le sue denunce dell’ipocrisia globale e del capitalismo selvaggio, rimasero come profezie scomode ma necessarie. Alla sua morte, il mondo intero si è stretto in un abbraccio commosso. La Chiesa ha perso un Padre, un pastore, un profeta. Ma ha ereditato molto di più: un cammino aperto, una coscienza risvegliata, una Chiesa più vicina al Vangelo e all’umanità. Papa Francesco non ha solo governato la barca di Pietro: l’ha rimessa in mare aperto, spingendo tutti a non temere il vento, perché “il Signore è con noi, anche nella tempesta”. La sua eredità non si misura in documenti o strutture, ma nei cuori toccati, nelle coscienze smosse, nella misericordia restituita a tanti. Francesco ha mostrato un volto di Chiesa che non condanna ma accompagna, che non impone ma propone, che non teme di sporcarsi le mani per abbracciare chi è ai margini. E così, anche da morto, continua a parlare: con la forza silenziosa di chi è santo.

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