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sabato 11 maggio 2024 | ore 12:47

Il senso della vita di Paolo

San Giorgio - Paolo Mezzanzanica

Nei giorni in cui l’Italia si interrogava e dibatteva sul ‘caso’ di Eluana Englaro, ormai due anni or sono, il nostro periodico aveva avuto la fortuna di testimoniare una storia di amore e di autentico attaccamento alla vita. E’ la storia di Paolo Mezzanzanica, da oltre 25 anni costretto in stato vegetativo, che dopo una nascita normalissima ha avuto un rapido peggioramento a causa di una rarissima malattia genetica. Una malattia che gli lasciava ben poche speranze fin dai primi mesi di vita, con una lunga serie di interventi e visite in diversi ospedali della regione. Paolo, nonostante le sofferenze e le problematiche quotidiane, ha sempre resistito con coraggio grazie all’amore della famiglia, che lo accudiva con dedizione in casa non facendogli mancare mai nulla, e di numerosi volontari che si alternavano per dare sostegno a questa semplice e credente famiglia di San Giorgio su Legnano. Il grande cuore di Paolo si è purtroppo fermato mercoledì, ma il suo ricordo è vivo nel cuore di tutti.

L'attaccamento alla vita di Paolo

U na testimonianza vera, di grande attaccamento alla vita, quasi una sfida alla natura stessa. A San Giorgio su Legnano, Paolo Mezzanzanica da 24 anni vive in uno stato vegetativo permanente, attorniato dall’amore della propria famiglia e dei tanti volontari che hanno imparato a stare in sua compagnia. La sua esperienza è molto significativa, perchè lo stato vegetativo permanente non sempre deriva da un trauma (come un incidente stradale), ma a volte anche come conseguenza di una malattia. Nel caso di Paolo, di una malattia genetica che lo ha colpito alla nascita manifestandosi all’età di cinque mesi. La mamma Alessandra, il padre Sergio e la sorellina Annamaria ci accolgono con gioia nella loro abitazione: una famiglia semplice, nella quale il dolore sembra non aver scalfito le convinzioni. Paolo è su una sedia speciale (una sdraio da giardino posizionata sopra un carrellino elevatore), ma è lì con loro. E’ presente, interagisce con le carezze e i baci dei genitori. Si guarda intorno. Segno che la malattia lo ha privato di una crescita come per tutti gli altri bambini, ma è comunque in grado di percepire sensazioni.
“Paolo è nato il 15 marzo 1985 a Rho - ci racconta la mamma con ricchezza di particolari - pesava 3,5 kg e nessuno pensava potesse avere qualcosa. I primi mesi sono trascorsi relativamente tranquilli, anzi Paolo sembrava molto più precoce dei suoi coetanei, solo col tempo ha iniziato con pianti disperati che non capivamo. Ma il pediatra ci ripeteva che era tutto nella norma. Al ritorno di mio marito Sergio da un viaggio in Camerun al seguito di Papa Giovanni Paolo II (Sergio è stato per tanti anni operatore e poi caposervizio per i telegiornali RAI, ndr) gli chiedo come ha ritrovato il nostro Paolo e per scrupolo il 18 agosto di quell’anno siamo andati a farlo visitare da un altro medico”. La percezione che c’era qualcosa di grave era lampante, quasi con stupore della famiglia, venne immediatamente ospedalizzato. Alla De Marchi di Milano non venne nemmeno trattenuto per la sua gravità e quindi indirizzato al Policlinico. La TAC rivela una verità spaventosa: necrosi interne ad una voluminosa massa tumorale con pressione sul cervello. “La presenza di chiazze color caffelatte, scoliosi e alcuni neurofibromi completano il quadro - racconta la madre - si tratta di una malattia genetica rarissima, la NF1 (Neurofibromatosi) e ben poche speranze ci vennero lasciate. Anzi il commento dei medici era: ‘un caso così non si è mai verificato’. Iniziamo a girare per tutti gli ospedali milanesi con la risposta ‘è inoperabile’ e il consiglio di ‘lasciarlo andare’ perchè con speranze nulle. Dopo un mese e mezzo arriviamo invece al San Matteo di Pavia per una serie di delicati interventi dall’esito incerto: “Era l’unica possibilità che ci veniva data - commenta il padre Sergio - anche se ero titubante alla fine abbiamo concordato io e mia moglie di dare una possibilità a Paolo.” Il 21 settembre 1985 subì il primo intervento al cervello, dopo 27 giorni ne subisce un secondo, il terzo, inizialmente previsto, non viene effettuato perché sicuramente non superabile. “Il nostro Paolo ha un cuore forte come quello di un toro - dice Sergio accarezzandolo - da lì in poi non è più riuscito ad alimentarsi da solo ed è rimasto totalmente paralizzato”. “Ci hanno consigliato il sondino epigastrico- dice Alessandra - ma abbiamo preferito portare Paolo a casa iniziando un’alimentazione graduale a base di frullati casalinghi. Salvo i ricoveri necessari (salvavita), ci siamo affidati solo al nostro medico di famiglia, il dottor Turri, e alla dottoressa Quaglia che si occupava di pediatria qui a Legnano. Se non lo avessimo riportato alla vita di tutti i giorni l’avremmo sicuramente perso. Qui è amato, curato (effettivamente non vi è traccia di nessuna piaga o callo come si è detto per altri casi in questi giorni). La notte dorme nel letto con me e mio marito, così che possiamo girarlo e accudirlo”. Indispensabile è stato l’aiuto incondizionato dei nonni ora purtroppo venuti meno. I tanti volontari appartengono a Paolo e ai suoi genitori formando una famiglia allargata. Paolo non può sdraiarsi e fino a due anni fa stava tutto il giorno in braccio per un problema di riflusso gastro esofageo. Gli attacchi epilettici non mancano, sono quotidiani. Due casi gravi di shock anafilattico: “Temevamo di perderlo - ci dicono - ma ogni volta si è ripreso. Per noi ogni giorno è un dono, una speranza inattesa”. Non presenta una condizione stabile tra sonno e veglia: “Va a giorni, coi nuovi farmaci è molto meno assopito. Ci dicevano che sicuramente sarebbe divenuto cieco, invece vede e sente. La stessa percezione del dolore è un mistero in Paolo. E’ sopraggiunto un grave problema all’anca e al femore che gli procura sofferenza che manifesta al minimo spostamento. Spesso le istituzioni preposte al sostegno della fragilità sono assenti: “Il problema più grosso è la disinformazione. Le leggi non vengono divulgate adeguatamente attraverso i canali preposti. Il costo dei medicinali spesso è a carico della famiglia (salvo i farmaci salvavita e quelli inseriti nei piani terapeutici). La pensione che un invalido civile al 100% percepisce dallo Stato ammonta a 722 euro”. Dice Sergio: “Non abbiamo mai pensato a un ricovero di Paolo, perché per lui è vitale la vicinanza e il contatto fisico dei famigliari e delle tante persone che gli vogliono bene e che si occupano di lui. Lo stadio della malattia è sicuramente avanzato, fino a che punto è difficile stabilirlo in quanto sarebbe necessario sottoporlo a esami invasivi e dolorosi”. Ma come fate a resistere curandolo 24 ore su 24, tutti i giorni, da 24 anni? “E’ forse incomprensibile a molti ma è l’amore reciproco che ci muove. Paolo è sempre con noi in tutti i gesti della vita quotidiana e dei tanti bisogni che richiede. La fede poi ci è sicuramente di aiuto. Anche per questo abbiamo voluto che ricevesse i sacramenti della Comunione e della Cresima. Amiamo pensare a nostro Signore come ad un vasaio che ci ha plasmati e quindi non potrà non avere pietà e misericordia anche di coloro che fanno scelte diverse dalle nostre. Molti sono gli interrogativi in questi grevi giorni. Come sia possibile negare alimentazione e idratazione a persone ridotte allo stato vegetativo? Sono persone vive. E poi come si può agire per volontà presunta? A queste risposte attendiamo che anche il Parlamento si esprima in materia, colmando quel vuoto legislativo che ha contribuito a determinare la frattura del paese e delle coscienze”.
Alcuni anni fa il Card. Martini visitando Paolo e la sua famiglia disse: “Paolo è un dono di Dio e uno stimolo a far si che altri possano operare facendo del bene”.

Alla famiglia che si interrogava
sul senso della sofferenza scrisse:
Carissimi genitori, sorella Annamaria e nonni di Paolo.
Sono io che devo ringraziare per la testimonianza straordinaria di amore, di fede, di perseveranza e anche di serenità che ho colto intorno alla stupenda figura di Paolo, che come angelo di Dio chiama intorno a sè i suoi cari e tanti amici per celebrare quella vita divina che il Signore ha infuso in lui e che riverbera su altri qualcosa dello splendore del volto del Signore.
+ Card. Carlo Maria Martini

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