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Riduzione dell'assegno per interesse morale del figlio

L’interesse morale del figlio non è motivo valido per chiedere la riduzione dell’assegno
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La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 2020 del 28 gennaio 2021, si è, nuovamente, occupata dell’assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni, non economicamente indipendenti.
Prima di analizzare il suddetto Provvedimento, è bene fare chiarezza sul concetto di assegno di mantenimento.
Il dovere dei genitori di mantenere i figli è sancito sia dall’art. 30, I comma della Costituzione, sia dall’art. 316 bis c.c e l’elemento fondamentale da considerare, nella determinazione dell’assegno di mantenimento, è costituito dalle esigenze economiche dei figli, ossia le esigenze alimentari, abitative, scolastiche, sportive, sociali, di assistenza morale e materiale e di predisposizione di una stabile organizzazione domestica.
Rilevanti, poi, ai fini determinazione del quantum, sono il contesto sociale nel quale la famiglia avevano vissuto e le disponibilità economiche del genitore a carico del quale è posto l’assegno.
Chiarito il concetto di assegno di mantenimento e le modalità di determinazione dello stesso, è possibile analizzare l’Ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione.
Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado, nel giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha emesso Sentenza con cui ha posto a carico del padre un assegno di mantenimento, in favore dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti, di € 3.500,00, di cui € 2.000,00 da versare all’ex moglie ed € € 750,00 per ciascun figlio, Sentenza, poi confermata dalla Corte d’Appello.
L’uomo ha, quindi, proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione sostenendo che la misura del contributo al mantenimento per i figli, stabilita nei primi due gradi di giudizio, sarebbe contraria alle previsioni di legge, esorbitante e dannosa per i figli che una volta economicamente indipendenti, non sarebbero riusciti ad avere il medesimo tenore di vita.
Secondo la Corte di Cassazione, il motivo posto alla base del ricorso è infondato, in quanto, l’interesse morale è un elemento estraneo alla previsione dell’art. 337 ter, IV comma c.c. che indica quali elementi rilevanti per la determinazione dell’assegno di mantenimento le esigenze del figlio al momento della determinazione, il tenore di vita goduto in costanza di convivenza, i tempi di permanenza presso l’abitazione di ciascun genitore (dopo la separazione) e le risorse economiche di ciascun genitore.
Secondo la Corte di Cassazione, quindi, in tema di assegno di mantenimento e determinazione dello stesso, “l’interesse morale del figlio riveste una funzione strumentale, dovendo consentire con la cura, l’educazione e l’istruzione, anche le frequentazioni e le opportunità di crescita sociale e professionale del primo e non l’ingiustificata retrocessione delle condizioni di vita materiale quasi che le difficoltà educative siano ascrivibili all’ammontare dell’assegno”.

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