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Lavoro, diritto da difendere

I diritti dei lavoratori celebrati nella festa del 1 maggio, espressi in un dipinto del secolo scorso, ancora oggi contemporaneo, 'Il quarto stato'.
Rubrica 'Fanne pARTE' - 'Il quarto stato'

“Una massa di popolo, di lavoratori della terra, i quali intelligenti, forti, robusti, uniti, s'avanzano come fiumana travolgente ogni ostacolo che si frappone per raggiungere luogo ov'ella trova equilibrio”. Ecco, nelle intenzioni dell'artista Giuseppe Pellizza da Volpedo, il significato dell'opera 'Il quarto stato', un dipinto a olio su tela sviluppato orizzontalmente a cui il pittore lavorò a lungo. Nella fase iniziale il dipinto si chiamava 'Ambasciatori della fame', poi aggiunse la folla dietro i tre soggetti principali e il quadro prenderà il nome di 'Fiumana'. Solo tre anni dopo, nel 1901, arrivò al risultato finale e da 'Cammino dei lavoratori', come lo aveva definito, l'opera, una volta terminata, acquistò un nuovo titolo: 'Il quarto stato'.
Rappresenta un gruppo di braccianti che marcia in una piazza in segno di protesta, per celebrare l'imporsi della classe operaia, il 'quarto stato', a fianco del ceto borghese. In primo piano sono definiti tre soggetti, due uomini e una donna con un bambino in braccio. La donna, che Pellizza plasmò sulle fattezze della moglie Teresa, è a piedi nudi e invita con un gesto i manifestanti a seguirla. A destra della donna un uomo, protagonista della scena, un “uomo sui 35, fiero, intelligente, lavoratore” che procede con disinvoltura, una mano nella cintola dei pantaloni, l'altra a reggere la giacca appoggiata sulla spalla. Tutti i contadini compiono gesti molto naturali, lo sguardo posato in più direzioni, taluni reggono bambini in braccio, altri appoggiano la mano sugli occhi per ripararli dal sole, altri guardano dritti davanti a loro.
In questo modo Pellizza fonde i “valori riferiti all'antica civiltà classica alla moderna consapevolezza dei propri diritti civili”.
Dà forma così alla composizione del “più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l'Otto e il Novecento” attraverso una gamma di cromie calde, disposte con pennellate a realizzare lineette e puntini, caratteri del Divisionismo.
L'opera nasce dopo che l'artista aveva assistito ad una manifestazione di protesta di un gruppo di operai: “La questione sociale s'impone, molti si son dedicati ad essa e studiano alacremente per risolverla. Anche l'arte non dev'essere estranea a questo movimento verso una meta che è ancora un'incognita ma che pure si intuisce dover essere migliore”. Si percepisce l'assoluta calma e fermezza nell'incedere di questi braccianti, che avanzano non in modo violento, ma lenti e sicuri, a suggerire una sensazione di vittoria. Sono 'uomini del lavoro' che fanno della lotta per il diritto universale una lotta di classe.
Per la potenza del messaggio espresso, l'opera viene riconosciuta come uno dei quadri simbolo del XX secolo, allegoria delle battaglie politico-sociali dei lavoratori. Una vera e propria icona dei lavoratori, che in questo 1 maggio, festa di San Giuseppe lavoratore, come in tutti gli altri, (dal 1889, quando fu istituita a Parigi come ricorrenza a seguito del 'massacro di Haymarket' avvenuto a Chicago nel 1886), tornano a celebrare, a ricordare le lotte del passato e gli obiettivi raggiunti, rivendicando universali diritti e nuove prospettive.
Nello scenario odierno, la festa nazionale italiana del lavoro o dei lavoratori non è una tradizione frutto solo di retorica, ma chiede nella nostra epoca di rispondere a nuove sfide, a dimostrazione di un tema vivo, che richiede approfondimento e soluzioni concrete.
I contadini che avanzano lenti ma sicuri nel quadro di Pellizza da Volpedo chiedono un avvenire di riscatto e dignità. Lo stesso che chiediamo oggi, magari in modalità differenti, magari su Facebook invece che scendendo in piazza, con il 'diritto a lavorare' purtroppo così in crisi, soprattutto per i giovani, con la difficoltà a trovare posti di lavoro, contratti sicuri e a tempo indeterminato, con occupazioni spesso non conformi agli studi svolti. Persino la madre con bambino in braccio ci suggerisce la difficoltà ancora attuale ai nostri giorni di conciliare lavoro e maternità, di rivendicare gli stessi diritti in tema di assunzione di una donna rispetto ad un uomo. Una festa che molti oggi trascorreranno lavorando, pur non appartenendo a categorie di operatori alla sanità, ai trasporti, alla sicurezza, risultato di un sistema che privilegia il business economico alla persona.
Un'opera che vale la pena di ammirare. Custodita dal 1980 nella Galleria d'arte moderna di Milano, dal 2010 trova la sua collocazione definitiva al Museo del Novecento, in piazza Duomo.
Costituisce la prima opera esposta, a testimonianza del riconoscimento del suo valore artistico ed umano.

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