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mercoledì 24 aprile 2024 | ore 10:31

Giuseppe: malato e solo

Anni di sofferenze e una vita che non è mai stata vissuta in pieno. E’ la storia di Giuseppe Giorgi, affetto da una serie di patologie che gli impediscono una vita normale.
Storie - Giuseppe Giorgi

Anni di sofferenze e una vita che non è mai stata vissuta in pieno. E’ la storia di Giuseppe Giorgi. Un uomo di 40 anni che da oltre dieci è affetto da una serie di patologie che gli impediscono una vita normale. Ha una malattia come la sarcoidosi polmonare, di cui non si conoscono le origini. Lo abbiamo conosciuto nel 2015 all’ospedale di Abbiategrasso dove venne ricoverato nel reparto di Pneumologia. Ha girato un po’ tutti gli ospedali del nord Italia a caccia di una cura che non è mai arrivata. Nel frattempo è andato sempre peggiorando e la pandemia non ha certo migliorato le cose. Anzi. Giuseppe aveva in programma un’operazione all’anca, ma è stata inevitabilmente rinviata a data da destinarsi. Oggi vive solo a Busto Arsizio con una pensione di invalidità di 280 euro al mese e non può fare affidamento su nessuno. E’ in isolamento totale. Non esce praticamente mai e trascorre la gran parte delle sue giornate a letto. Perché raccontiamo la sua storia? Primo perché è stato lui stesso a chiedercelo. Secondo perché se possiamo fare qualcosa per aiutarlo lo faremo. “Ad oggi non ho il sostegno di nessuno – dice Giuseppe – soffro tantissimo la solitudine. Non immaginate nemmeno cosa voglia dire svegliarsi la mattina, quelle rare volte che riesco a dormire perché i dolori si sono calmati, e pensare di non avere nulla. Nessun progetto per il futuro. I miei genitori sono anziani e hanno anche loro tantissimi problemi. Questa è la mia non vita”. La sera è terribile per Giuseppe. Quando il respiro comincia a mancare ed è costretto ad usare l’ossigeno per stare più tranquillo. Il messaggio che Giuseppe vuole lanciare è di apprezzare ogni secondo della vita perché non per tutti questo è possibile. “Avevo dei pappagalli – continua – erano la mia passione. Ma non ero in grado di accudirli, a causa della mia invalidità. E ho dovuto a malincuore regalarli. Il mio sogno oggi è questo. Se non potrò mai avere una vita normale che possa almeno guarire un po’ dai miei dolori e tornare a quelle piccole cose che mi facevano contento. Sono felice quando qualcuno mi chiama, ma capita molto raramente. Non ricordo nemmeno più da quando non sorrido”.

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