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Salute, Sociale, Territorio

Il gruppo 'Arcobaleno' torna in corsia

Sono volontari di età diverse, dai 27 ai 60 anni, uomini e donne animati dalla medesima volontà: far sorridere i pazienti in cura nei reparti del P.O. di Saronno regalando, ogni primo sabato del mese, momenti di svago.

Sono volontari di età diverse, dai 27 ai 60 anni, uomini e donne animati dalla medesima volontà: far sorridere i pazienti in cura nei reparti del P.O. di Saronno regalando, ogni primo sabato del mese, momenti di svago.

Il gruppo Arcobaleno composto da clown e appartenente alla Croce Rossa di Saronno nasce nel 2014 con la formazione dei primi volontari. Attualmente sono tredici le persone che svolgono questo servizio; per poter accedere al gruppo Arcobaleno, è necessario sottoporsi ad una formazione interna a Croce Rossa, prevista dall’elenco dei corsi nazionali dell’organizzazione, che contempla 54 ore di formazione e 20 ore di tirocinio.

Durante il percorso formativo, i volontari vengono seguiti da un formatore tecnico e da uno psicologo, figure entrambe afferenti a CRI. “Essere seguiti dallo psicologo è fondamentale per l’attività che si va a svolgere; sia per le persone che incontriamo, che per noi stessi”, afferma Anna Bugatti, delegato tecnico Area Sociale Croce Rossa Italiana - Comitato di Saronno, che spiega “Il clown di CRI non rientra nell’immaginario collettivo, cioè fare il pagliaccio per far ridere. Lo scopo non è questo, ma andare a raccogliere le emozioni della persona che abbiamo davanti, che magari non ha voglia di ridere, ma solo di qualcuno che lo ascolti, con cui condividere quello che sta vivendo”. Non mancano, ovviamente, i momenti tipicamente ludici a base di scherzi e palloncini. I degenti adulti si stupiscono sempre nel vedere questo gruppo variopinto “irrompere” nelle corsie, perché ritengono che siano figure prettamente legate all’area infantile.

I clown del gruppo Arcobaleno entrano nelle stanze chiedendo ai degenti il permesso di farlo; l’invito a entrare è una costante, raramente capita che ricevano un no.

“Rientrare in ospedale è stato, oltre che una grande gioia per noi clown, un segnale importante su più fronti”, conclude Anna Bugatti, “Innanzitutto da parte dell’ospedale, che ci ha considerato “una cura importante” per i degenti, tornando a spalancare le sue porte alla clown terapia per contribuire al benessere emotivo attraverso l’umorismo e l’interazione positiva, abbassando la soglia di stress. Dopo essere stati messi in un angolo dalla pandemia, con una sensazione di impotenza legata all’attività (l’ultimo servizio venne fatto a metà febbraio 2020! Da brividi), ora possiamo affermare a gran voce che tornare a svolgere la clown terapia vuol significare lasciarsi alle spalle un “periodo nero”, fortunatamente legato ora solo alla nostra memoria”.

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