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Editoriali

Siamo in guerra! Lo sappiamo?

Siamo parte attiva del conflitto libico, ma non tutti se ne sono accorti: la guerra non fa paura al giorno d'oggi perché forse manca la coscienza critica per comprenderla.

“E anche se l’opinione pubblica, forse, non lo ha ancora realizzato, siamo in guerra”. Queste le parole di Angelo Panebianco comparse oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera. Ebbene sì, siamo in guerra. Una guerra pericolosa per l’Italia, così vicina alla Libia da rischiare ritorsioni fisiche prima ancora che eventuali problemi economici. Ma mentre l’Italia scende in campo, impreparata probabilmente ad un gioco di bilanciamenti fra solidarietà con gli alleati, perseguimento di buone cause e attenzione ai propri interessi, gli italiani cosa fanno? Fanno ciò che hanno sempre fatto: vanno al lavoro, ridono, mangiano, sono sereni tanto quanto lo erano prima di sabato 19 marzo, giorno dell’inizio dell’offensiva militare contro Tripoli. In treno oggi, mentre leggevo il giornale sulle vicende libiche, una signora mi ha chiesto: “Scusi, non è che posso dare un’occhiata che mi piace la pubblicità di quella borsa?” C’è poco da dire di fronte ad uno spaccato così evidente di mancata coscienza sociale. La guerra è cambiata a tal punto che un paese che vi è coinvolto, su suolo straniero, nemmeno ha coscienza di essere parte attiva dei combattimenti. Non tocchiamo poi il tasto delle cause - conseguenze, di quelle la popolazione è del tutto ignara. Forse è meglio, meno allarmismi? Certo il nostro Governo ama evitare di scatenare il panico, come è anche giusto dato che la situazione non è (ancora) grave, ma così ne va della capacità critica dei cittadini che vengono sballottati da una politica estera all’altra senza capirne le ragioni e i motivi. “Stiamo soltanto partecipando a una missione Onu” - ha detto il Presidente della Repubblica Napolitano; Ma non stiamo portando latte e biscotti in Libia: si parla di basi militari, raid aerei francesi e inglesi, missili americani, tornado italiani partiti all’attacco, portaerei. L’Italia è in missione Onu: ma è anche in guerra. Gli italiani lo devono sapere. Nessuno sembra avere più paura di tutto ciò, sembra essere un qualcosa di lontano dalla nostra realtà quotidiana, anche le scie delle atrocità del ‘900 ormai da anni hanno perso la loro eco e non fanno più presa. Le scuole, prima di tutti, dovrebbero fermarsi per una volta di seguire i programmi didattici e spiegare ai giovani che cosa sta succedendo, che ogni istante che passa ci sono imprevedibili ritorsioni che potrebbero coinvolgere il sud del nostro paese, far capire cos’è la guerra, quella vera. Non serve che i giovani studino infinite pagine di date ed eventi se nemmeno capiscono cosa vuol dire scendere in campo per difendere dei civili duramente repressi da un governo dittatoriale. Occorre forgiare la coscienza delle persone, permettere all’opinione pubblica di sapere cosa accade quando il Capo del Governo dice “Sì” alle missioni militari. Non abbiamo più paura della guerra perché la guerra non la conosciamo, e questo per quanto possa sembrare positivo, perché implica che non siamo in trincea come più di mezzo secolo fa, non lo è affatto perché al giorno d’oggi, nell’era della comunicazione, significa che nessuno ci ha detto cos’è veramente la guerra e che ci siamo dentro. Ebbene sì, siamo in guerra e visto che non abbiamo scelta, almeno prendiamone coscienza.

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