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Cultura, Legnano

Commemorazione Franco Tosi

Settantanovesimo anniversario dalla deportazione dei lavoratori dalla Franco Tosi ai campi di concentramento di Mauthausen. Alla cerimonia son state posate delle pietre d'inciampo.

Settantanovesimo anniversario dalla deportazione dei lavoratori dalla Franco Tosi ai campi di concentramento di Mauthausen, avvenuta il 5 gennaio del 1944 per mano di milizie naziste e fasciste. A rendere omaggio ai lavoratori deportati e uccisi durante il regime nazifascista, e posizionare le pietre d'inciampo, era presente il sindaco Lorenzo Radice: ad accompagnarlo anche l'ex Ministro del Pd, Rosy Bindi.

Il discorso del sindaco Lorenzo Radice
"Voglio rivolgere il mio intervento proprio a voi, ragazzi, per dirvi che oggi pensando a quell’episodio di storia che ha riguardato questa fabbrica e la nostra città, vogliamo provare a ricavarne qualcosa di più di una lezione di storia: una lezione di vita; una lezione che non sia soltanto per voi, ma per tutti noi. E questo perché un fatto tragico come il sacrificio dei lavoratori di questa fabbrica, di Pericle, Alberto, Carlo, Francesco, Angelo, Ernesto, Antonio e Carlo per cui dopo posizioneremo l’ottava pietra d’inciampo non è, bisogna dire purtroppo, un fatto confinato una volta per tutte nel passato.
Ancora oggi, 79 anni dopo, in luoghi diversi e lontani da Legnano, ci sono persone che hanno il coraggio di dire no alla prepotenza di una dittatura e che, per questo, perdono la vita.
E penso alle tante donne e agli uomini che in Iran, dopo l’uccisione lo scorso settembre di una giovane, la 22enne Mahsa Ahimi (colpevole, lo ricordo, di non indossare correttamente il velo), hanno sfidato e continuano a sfidare il regime degli ayatollah rischiando il carcere e, in tanti casi, la vita. È vero che la storia non si ripete mai identica, ma come possiamo non vedere nella lotta degli operai della Tosi per condizioni di vita e di lavoro più eque e il loro rifiuto di sottostare alle imposizioni del regime nazifascista grandi somiglianze con le studentesse e gli studenti iraniani, un po’ più grandi di voi, che hanno deciso di dire basta alle assurde vessazioni che affliggono le donne di quel Paese? Come non possiamo vedere in quella ribellione del gennaio del 1944 la stessa voglia di giustizia e di libertà che anima oggi le persone che manifestano nelle strade in Iran per rovesciare il regime?
Chiunque è disposto a sacrificare la propria vita per la libertà e la giustizia fa propria la lezione dei lavoratori che oggi ricordiamo. Chiunque lotti contro l’ingiustizia e le imposizioni di un governo antidemocratico, in ogni angolo del mondo, è erede di quella lezione e la trasmette alle generazioni future.
Perché un’altra lezione di vita che ci dà la resistenza opposta dagli operai della Tosi alle imposizioni dei nazifascisti e che ci danno le donne iraniane è quella di pensare agli altri, a chi verrà dopo di loro. Questo è il senso del loro sacrificio; chi è disposto a perdere la propria vita lottando per la libertà lo fa perché altri possano godere di quella libertà. Per questo il sacrificio degli operai della Tosi è stato un vero e proprio dono che ha contribuito a costruire, con la fine della seconda guerra mondiale, un mondo occidentale, un’Europa libera per milioni di persone, e noi siamo fra questi e noi dobbiamo essere loro grati. Allo stesso modo il sacrificio delle iraniane e degli iraniani che si oppongono al regime teocratico servirà –noi lo speriamo fortemente- a costruire un Paese libero, democratico e giusto.
E ancora, ragazzi, non dobbiamo pensare che le deportazioni, quelle che hanno conosciuto quasi ottant’anni fa gli operai della Franco Tosi e, con loro, tanti altri lavoratori delle numerose fabbriche del nostro territorio, siano soltanto un argomento storico, siano cose successe in un passato lontano. Purtroppo questa barbarie, questo che è un vero e proprio crimine contro l’umanità si consuma ancora oggi e proprio nella guerra in Ucraina. Le deportazioni di ucraini in Russia, con numeri che non ci sono noti con precisione, ma che si aggirano –secondo le organizzazioni internazionali- sulle migliaia, sono avvenute fin dai primi mesi della guerra e hanno coinvolto anche minori, bambini e ragazzi della vostra età. Quello che pensavamo non potesse più ripetersi, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, dopo la guerra fratricida nei paesi della ex Jugoslavia è tornato drammaticamente d’attualità. Il dramma che hanno vissuto i lavoratori della Tosi si rinnova ancora oggi, su giovani come voi, su persone indifese, come se la storia non avesse insegnato nulla.
Ed è per questo motivo che noi oggi, come facciamo ogni anno, ci troviamo in questa fabbrica: ricordiamo quel passato per proiettarlo sul presente che viviamo, per costruire un futuro migliore, in primo luogo, per voi, ragazzi.
Per ricordarci che il presente è quello delle 59 guerre in corso nel mondo oltre all’Ucraina. Ossia in Siria, Afghanistan, Myanmar, Yemen, Nigeria (oltre 10.500 morti tra 2021 e 2022), Etiopia (8.786), Repubblica democratica del Congo, Somalia, Burkina Faso, Mali, Sudan e Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, Niger, Mozambico, Camerun.
Un passato che ci ricorda la responsabilità che abbiamo tutti noi per non fare accadere ancora, nelle nostre comunità, guerre e violenze. Cosa facciamo noi per attualizzare il senso di quella lotta fatta dagli operai della Franco Tosi? Cosa facciamo noi per realizzare una società che curi il proprio futuro combattendo le ingiustizie e le diseguaglianze? Cosa facciamo per offrire a tutti i cittadini eguali opportunità per realizzarsi? Cosa facciamo noi per chi chiede accoglienza arrivando –quando riesce ad arrivare- dall’altra sponda del Mediterraneo lasciandosi alle spalle povertà e fame? Cosa facciamo noi per quei ragazzi che sono vostri compagni di scuola, che sono vostri amici, che parlano un italiano perfetto e non vedono ancora riconosciuti i loro diritti di cittadinanza soltanto perché i loro genitori non sono nati nel nostro Paese?
E di fronte a queste domande penso alla storia di questa fabbrica, una fabbrica – città che ha attratto migliaia di persone da tutta Italia in cerca di lavoro e condizioni di vita umane. Persone che hanno fatto crescere la nostra comunità e la nostra città. Persone come quelle che oggi scappano da Paesi poveri, in guerra o dove non c’è libertà.
Oggi abbiamo il dovere di denunciare la responsabilità storica di un Paese che non trova risposte umane per chi arriva da lontano per vivere nelle nostre città. Un Paese che rivendica come un successo politico quello di tenere in mare per settimane qualche centinaio di disperati, sballottandoli da un porto all’altro, sempre più a nord del Tirreno e dell’Adriatico, per dimostrare una finta capacità di controllare flussi migratori che ormai da anni sono più che stabili e gestibili, se è vero come rivelano le statistiche che almeno da 7 anni la popolazione straniera in Italia è ferma intorno ai 5 milioni.
Denuncio l’ipocrisia di un Paese e di una politica paurosa e impaurita che dopo 20 anni di dibattito ancora non è riuscita a dare risposta al diritto di giovani come voi di essere riconosciuti italiani ed europei non perché “figli di”, ma perché crescono e studiano in Italia, mangiano italiano, parlano italiano, respirano e sognano italianamente tutti i giorni esattamente come i miei figli. Ma diversamente dai miei figli rischiano di restare per tutta la vita cittadini di serie B.
Io credo che anche oggi quei ragazzi e quegli uomini della Tosi farebbero sentire la loro voce contro queste ingiustizie e per costruire un futuro diverso.
Oggi per realizzare una società che curi il proprio futuro si debba avviare una seria riflessione sulla strada indicata da Papa Francesco, ossia quell’ecologia integrale che rappresenta un modo nuovo per affrontare la complessità delle questioni che si pongono nei vari campi: sociale, economico, istituzionale e ambientale. Una società, ma anche, in un ambito più ristretto, una comunità come è la nostra che cura davvero il suo futuro non può trascurare quelli che sono diritti fondamentali:
• il diritto alla cura, innanzitutto, che si ottiene con il controllo pubblico della Sanità perché la salute è un diritto primario e un diritto di tutti per creare una società sana;
• il diritto all’istruzione, con una scuola e un’università alla portata di tutti, per avere una società di persone che sappiano essere sé stesse, sappiano pensare liberamente e sappiano fare con creatività, per affrontare la vita;
• il diritto a vivere in un ambiente sostenibile dal punto di vista ecologico e del rispetto delle risorse naturali, ma anche da quello economico, dei servizi, delle espressioni culturali, per una società che garantisca il benessere e la sicurezza di ogni persona
A questi obiettivi dobbiamo guardare per realizzare quella società equa e sostenibile, più giusta, più inclusiva, più umana immaginata da chi, nella lotta di Resistenza e negli scioperi delle fabbriche durante il periodo bellico, ha sacrificato la sua vita.
Dobbiamo loro questo impegno se vogliamo che la loro lezione viva sempre con noi.
Riflettiamoci e agiamo di conseguenza: ogni giorno".

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