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Dario Hubner, il 'bisonte di Muggia'

A 43 anni, l'ex attaccante di Brescia e Piacenza, solo per citarne alcune, incredibilmente gioca ancora. Ma fine anno... diventerà allenatore.

Più che un giocatore dimenticato, Dario Hubner è un giocatore indimenticabile. E non solo per le quattordici casacche che ha cambiato nella sua incredibile carriera, ma per tutti quei gol (229 tra i professionisti) e l'andamento caratteristico di un attaccante diventato di culto prima ancora di smettere con il calcio giocato. Sì, perchè per il grande calcio e per gli appassionati il 'bisonte di Muggia' fa già parte di un'epoca arcaica della serie A, entrato di diritto in quelle conversazioni da 'Ma ti ricordi di...'. Ancora adesso, a quarantatre anni suonati, è in attività. Nel Cavenago d'Adda, in Prima categoria, a tre chilometri da dove vive con i due figli, la moglie e gli amici di sempre, con cui condivide l'esperienza al Cavenago.

La carriera di Dario Hubner, classe 1967, inizia a 20 anni nel Pievigina, piuttosto tardi in realtà, perchè prima faceva il fabbro, montava l'alluminio e mai avrebbe immaginato di diventare capocannoniere in serie C, in B ed anche in A. Dopo 10 gol in 25 presenze va in C2, al Pergocrema, poi nel '90 si trasferisce al Fano e segna 18 reti in 2 anni, di cui 14 nella seconda stagione che gli valgono il primo titolo di capocannoniere della carriera. Il Cesena se ne accorge e ne fa il suo attaccante principe per la serie B: cinque anni in Romagna, dal '92 al '97, sempre in doppia cifra, 74 gol totali di cui 22 nel '95-'96, e secondo titolo di capocannoniere. La serie cadetta inizia a stargli stretta ed arriva la prima chiamata della A: Brescia, '97-'98, 16 centri in 30 partite al debutto in A, dove imperversa il primissimo Ronaldo. La stagione, però, si conclude con la retrocessione, e Dario accetta di tornare in B per rimanere con il Brescia: seguono due anni e 42 gol totali, equamente divisi, per il ritorno in serie A nel 2000-2001. Seconda stagione nella massima serie e ritocca il suo record: 17 reti in 31 partite, sesto in classifica marcatori, ottavo posto ed Intertoto da compagno di squadra di giocatori del calibro di Roberto Baggio, Filippo Galli e di un giovanissimo Andrea Pirlo. Il Brescia gli preferisce Tare e, così, lui cambia l'ennesima maglia e va al Piacenza, con il botto: 24 gol in 33 presenze, titolo di capocannoniere insieme a David Trezeguet nell'ormai storico campionato del '5 maggio', con salvezza tranquilla per la sua nuova squadra. L'anno dopo arriva ancora la doppia cifra, 14 gol in 27 partite, ma non riesce ad evitare la retrocessione del Piacenza, a 36 anni. I sei mesi successivi con l'Ancona sono poco significativi e per la prima volta dopo 12 anni di carriera non riesce ad arrivare in doppia cifra, addirittura la prima squadra di sempre in cui non ha segnare nemmeno un gol. Hubner ci riprova dopo il mercato di Gennaio e va al Perugia, tre gol in 13 presenze, ma anche qui la retrocessione, dopo lo spareggio con la Fiorentina, è dolorosissima. L'anno dopo Hubner arriva in provincia, in C1 al Mantova, e segna 7 gol in 23 partite, contribuendo alla promozione in serie B. Ma per Tatanka, a 38 anni e 229 gol con i professionisti, non c'è più spazio nel grande calcio: nei successivi cinque anni gira tra serie D, Eccellenza e Prima divisione, andando sempre in doppia cifra con Chiari, Rodengo Saiano, Orsa Corte Franca e Castel Mella.

Due sono i minimi comuni denominatori della carriera di Hubner: i gol, tantissimi in tutta Italia, e la sigaretta, vizio sempre presente anche negli anni migliori, sulla quale ha recentemente dichiarato "L'ho sempre fumata e, anche oggi, almeno una (nell'intervallo, ndr) me la fumo sempre: mi libera, mi fa sfogare e mi fa sentire giovane". Ora, a 43 anni, ha dichiarato di volersi ritirare a fine anno e diventare allenatore. Ammira Pippo Inzaghi, highlander come lui, adora Rooney ed afferma che, più di Baggio, i compagni più forti con cui ha giocato sono Filippo Galli e Pirlo. E che, fintanto che il fisico regge, alla Malboro rossa non rinuncerà mai.

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