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Legale

Niente risarcimento al pedone che cade se l’ostacolo è visibile

Il Comune non deve risarcire il pedone perché il marciapiede è largo e l’ostacolo visibile e lo stesso, con l’ordinaria diligenza nell’uso della strada pubblica avrebbe potuto evitare il sinistro.

Il Comune non deve risarcire il pedone perché il marciapiede è largo e l’ostacolo visibile e lo stesso, con l’ordinaria diligenza nell’uso della strada pubblica avrebbe potuto evitare il sinistro. Ciò è quanto sancito dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 11794/22 pubblicata in data 12 aprile 2022. Nel caso di specie, un pedone è caduto su una strada comunale a causa di un dislivello del tombino. Il danneggiato ha citato in giudizio il Comune per ottenere il risarcimento dei danni subiti, ritendo l’ente responsabile dell’omessa manutenzione della strada. Il Tribunale ha accolto la domanda di risarcimento, condannando il Comune al pagamento della somma di € 47.135,67. Il Comune ha proposto appello avverso la Sentenza di condanna, sostenendo che non fosse stato dimostrato il nesso causale tra la caduta e l’anomalia stradale e che la caduta fosse avvenuta per un caso fortuito. La Corte d’Appello ha accolto le doglianze del Comune ed ha riformato la Sentenza di primo grado. In particolare, i Giudici di secondo grado hanno ritenuto che il tombino di colore più scuro rispetto al manto stradale fosse innocuo, che le sconnessioni fossero perfettamente visibili e che il marciapiede aveva una dimensione tale da permettere al pedone di aggirare la sconnessione. A parare della Corte d’Appello, il pedone, attraverso l’uso di un’ordinaria diligenza e di autoresponsabilità, avrebbe potuto evitare la caduta. Il pedone danneggiato ha, quindi, proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del pedone danneggiato ed ha confermato la Sentenza emessa dalla Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno, così, motivato la loro decisione: “l’imprevedibilità dell’evento, quale elemento idoneo a rompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non va inteso in termini soggettivi ma oggettivi ponendosi cioè nell’ottica della causalità adeguata rispetto alla quale l’evento assuma, indipendentemente dalla colpa del custode, caratteristiche di inverosimigliaza. Quanto più il pericolo è suscettibile di essere previsto con l’adozione delle normali cautele, in un’ottica di autoresponsabilità, tanto più incidente è l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo fino alla rottura del nesso eziologico”. Nel caso concreto, il comportamento del pedone danneggiato non poteva ritenersi prevedibile perché grazie alle condizioni di piena visibilità, alla diversa colorazione del manto stradale ed alla larghezza del marciapiede, lo stesso avrebbe potuto evitare la caduta utilizzando l’ordinaria diligenza. La Corte di Cassazione ha, quindi, confermato che il sinistro è imputabile unicamente al pedone danneggiato.

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