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Cuggiono

'Ric-amati', le fotografie di Romina

La mostra, dal titolo ‘Ric-amati. Fili d’arte e parole’, ci è stata presentata dalla sua autrice, la fotografa Romina Pilotti.

Collocata in mezzo alla natura, allestita su originali ‘cavalletti’ costituiti da radici, rami e cortecce, un’interessante esposizione di fotografie si è potuta visitare domenica 16 maggio nel parco di Villa Annoni a Cuggiono. La mostra, dal titolo ‘Ric-amati. Fili d’arte e parole’, ci è stata presentata dalla sua autrice, la fotografa Romina Pilotti.
Cosa rappresenta la mostra fotografica e a cosa si è ispirata?
“L’idea di questa mostra itinerante, che espongo con allestimenti non classici da oltre due anni in biblioteche e ville storiche, è nata da un progetto originale, dedicato alle donne, scaturito dall’incontro con la scrittrice e poetessa Agnese Coppola, che ha subito modifiche e che ancora potrà modificarsi”.
Qual è il contesto in cui sono ritratte?
“Ho pensato di fotografare le mani delle donne che ricamano. L'arte del ricamo è delicata ed elegante, ma nello stesso tempo esprime la capacità della donna di saper svolgere un lavoro che richiede pazienza, tempo, tenacia. Rappresenta la donna nei suoi aspetti di forza e delicatezza. Un ago per rammendare, una stoffa da ricamare, un filo di lana, di seta o cotone diventano metafore dell’essenza stessa della donna, capace di tessere relazioni positive, come luminosa portatrice di pace”.
Quali sono le donne scelte come soggetti?
“Le donne che ho fotografato sono state colte nella loro naturalezza, così come le ho incontrate, nel loro ambiente domestico oppure in strada. Non ho creato alcun set 'artificiale'. Nel tempo questo mio lavoro è diventato anche di tipo documentaristico, perché ho fotografato varie tipologie di ricamo. Sia all’estero che in Italia, dopo aver ripreso i ricami più semplici, ho cominciato a scegliere quelli un po’ più particolari, come quello celtico, con varie tipologie, partendo dal telaietto a mano a quello da poggiare sulle ginocchia, dall’uncinetto in legno a quello d’osso. Ho ripreso anche delle tradizioni antiche: in una foto sono raffigurate delle mani giovani di una ragazza che ha appreso dalle più anziane l’arte del ricamo, inserita in un gruppo di un’associazione rivolta al recupero dei vecchi lavori. Nelle varie foto si possono vedere anche i lavori più complessi, come il chiacchierino, il tombolo, il ricamo croato, il ricamo d’Irlanda, quello realizzato con un telaio ligneo ispirato al Rinascimento e, in chiave più moderna, il ricamo di una ragazza su di un soggetto insolito, come le sneakers”.
Quale significato ha assunto la sua ricerca di immagini?
“Nel tempo, questo mio lavoro ha assunto un altro significato e ho cominciato a guardare non solo il filo e il legame, ma a coglierci dietro anche la valorizzazione del lavoro manuale, in un secolo che privilegia solo il lavoro intellettuale e la tecnologia. La mia è una ricerca in continua evoluzione. Nata dalla metafora del filo, mi sono ispirata molto alla mitologia, alle Parche, alla figura di Penelope e di Arianna: ho considerato quanto le mani riescano a fare e ho cercato quindi di valorizzarle”.
Quindi le mani sono diventate le protagoniste?
“Ho scelto di valorizzare le mani perché a loro è affidata la nostra identità. Ci rappresentano ancora più del viso, dato che l’impronta digitale viene ripresa dal polpastrello del dito indice. Le mani hanno questo grande potere di renderci unici. Esse sono espressive, rappresentano il nostro carattere, le nostre emozioni, il nostro vissuto”.
A chi appartengono queste mani?
“Sono mani di donne comuni, alcune di imprenditrici, altre di donne che ricamano per il piacere di ricamare. Sono donne che raccontano una loro vita quotidiana, che mi hanno permesso di entrare nelle loro case, nei loro ambienti, di raccontarmi qualcosa di loro stesse, comunque di arricchirmi. Dietro le mani c’è una storia. Questo per me significa valorizzare la vita, nella sua semplicità. Cioè valorizzare la persona per quello che è”.
Quali saranno le prossime mostre in programma?
“A settembre parteciperò al Photofestival - Milano, la grande rassegna milanese di fotografia. Il mio lavoro vuole portare l’attenzione sulla donna e cercare di metterla un po’ più al centro, in quanto nei secoli è stata penalizzata, soprattutto nel campo delle arti. Senza dimenticare le donne che hanno subito violenze o che sono state uccise solo perché hanno cercato di esprimersi. O quelle stroncate nel lavoro, per le fatiche. Questo mio percorso si presta a molte interpretazioni, mi apre nuove strade, nuove porte, e quindi lo trovo un work in progress. È un omaggio a tutte le donne, di qualsiasi età, giovani, mature o anziane, di qualsiasi provenienza sociale o geografica. Un omaggio alla loro capacità di dedizione. Continuo a fotografare, per cercare lavori, persone e storie da raccontare”.

Una ricerca, quella di Romina Pilotti, che sarà interessante continuare a seguire anche ad Inveruno, dal 20 giugno al 10 luglio, quando, tra i tanti workshop, presentazioni e altri eventi di Inver1 Photo Fest, sarà presente anche una sua opera.

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