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Legale

Concessionaria auto e mancato pagamento dell’iva: respinto il ricorso dell’agenzia delle entrate

Con l’Ordinanza n. 9788 del 14/04/2021 la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha respinto il ricorso del Fisco contro la Concessionaria Auto per la riforma della sentenza emessa dal Commissione Tributaria Regionale della Puglia del 28/01/2013.

Il confronto con i valori riportati in una nota rivista addetta alle quotazioni delle auto usate ha salvato la concessionaria dalla cartella esattoriale perché prova che i prezzi applicati all’acquisto delle auto sono prezzi di mercato. Questo è quanto emerge dall’analisi dell’ordinanza emessa della Suprema Corte a vantaggio del contribuente.

La vicenda nasce con la notifica alla concessionaria auto di una cartella esattoriale da pagarsi in solido con il soggetto importatore delle auto e avente ad oggetto il presunto mancato pagamento dell’imposta sulla compravendita delle vetture.

Con la sentenza di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale, aveva accolto il ricorso del contribuente – la concessionaria auto di veicoli di provenienza intracomunitaria – avverso una cartella esattoriale IVA 2006 emessa ai sensi del D.p.r. 26.10.1972, n. 633, art. 60bis motivando che il Fisco non aveva provato in giudizio la “consapevolezza della concessionaria” circa la soggettiva inesistenza delle operazioni e accertando, in ogni caso, che il prezzo delle autovetture non era inferiore a quello normale di mercato e che, pertanto, mancava il presupposto della solidarietà ex art. 60bis del D.p.r. 633/72.

Il Fisco aveva quindi impugnato la predetta sentenza sostenendo che la stessa fosse viziata per insufficiente motivazione e, in particolare che la Ctr avesse accertato la “normalità del prezzo” con motivazione apparente affermando, tra le altre, che quello della “consapevolezza soggettiva del contribuente” non fosse un elemento essenziale e costitutivo della solidarietà con il cedente.

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi di impugnazione dando rilievo, in particolare, all’accertamento del “prezzo di mercato” delle autovetture provato - in modo esaustivo – dal confronto con i valori riportati dal listino di una nota rivista addetta alle quotazioni auto usate e ritenendo inattendibile la prospettazione probatoria del Fisco secondo cui i prezzi erano inferiori a quelli normali solo perché le vetture oggetto dell’operazione commerciale erano “recenti e con pochi chilometri”.

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