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Salute, Attualità, Storie

La mano di Dio...

Due guanti in lattice riempiti con acqua tiepida, a formare una mano per stringere quella dei pazienti ricoverati con il Covid. Un semplice gesto per dare un po' di sollievo.

Certo non è e non sarà mai come sentire il contatto vero e proprio, ma, in un periodo buio e difficile per l'emergenza Covid-19 (costretti, in un letto d'ospedale, a stare lontani dalle persone care) può, comunque, aiutare a trovare un po' di conforto e sollievo, sentendosi, in qualche caso, meno soli. E, allora, ecco che, subito, qualcuno l'ha ribattezzata "la mano di Dio". Un'idea nata da Lidiane Melo, infermiera presso una struttura medica in Brasile, e che è diventata una soluzione alternativa per accudire i malati e cercare di alleviare il già complicato periodo di ricovero, per di più, appunto, senza poter vedere un familiare, un parente o un amico. "Non è nulla di che - ha raccontato la stessa operatrice sanitaria - Semplicemente ho preso due normali guanti in lattice, li ho riempiti di acqua tiepida e, mettendoli assieme, ho ricreato una sorta di mano". Tutto è iniziato, riscontrando alcune difficoltà nel misurare l’ossigeno di una persona colpita dal virus. "La sua mano, infatti, era troppo fredda, impossibile, pertanto, ottenere una misurazione corretta - ha continuato la stessa Lidiane - Così, quando mi sono accorta che non riuscivo a scaldarla con nessuno dei metodi previsti, ho avuto questa intuizione". Ma, poi, quella stessa 'creazione' ha capito che poteva essere utilizzata anche per dare un po' di conforto emotivo ai pazienti che, a causa del Covid e dell'isolamento, sono privati del contatto fisico. "Di fronte a una donna disperata che stava per essere intubata in terapia intensiva e che mi chiedeva di tenerle la mano, mi sono trovata, purtroppo, costretta a dirle di no, perché dovevo assistere in quello stesso momento anche altri pazienti gravi come lei. Allora, ho provato ad usare proprio i due guanti pieni di acqua tiepida e lei si è calmata, dicendomi che sembrava che le stessi prendendo la mano. Le ho spiegato che non era la mia, ma che doveva pensarla come se fosse quella di Dio...". La stessa che, da quel momento, è riuscita a regalare sollievo e a far sentire meno soli altri malati.

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