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Alla scoperta di... Clubhouse

La piattaforma, nata negli Stati Uniti, si basa sull’esistenza di alcune stanze virtuali, una sorta di chat in cui però ci si scambiano non messaggi di testo, bensì messaggi vocali.

Il Vocabolario Treccani definisce un ‘club’ come “Circolo, associazione i cui membri, legati da interessi comuni, si riuniscono in uno stesso luogo”. Si tratta di una forma di aggregazione di origini antiche e dalle caratteristiche più svariate: i giacobini, durante la rivoluzione francese, si riunivano in club; ma anche le nostre squadre di calcio più vecchie nascono proprio come ‘football club’. Si tratta di qualcosa che sentiamo proprio del mondo anglosassone e che abbiamo imparato a conoscere da film e libri: dal circolo londinese di ‘Il giro del mondo in 80 giorni’ di Jules Vernes a quello della pellicola natalizia ‘Una poltrona per due’, fino agli Yacht Club o ai circoli del golf dei telefilm che parlano di ricconi.

Ecco che la lunga tradizione del club si arricchisce ora di una nuova sfaccettatura, quella social: è quella di Clubhouse, nuovo social network basato sull’audio. La piattaforma, nata negli Stati Uniti, si basa sull’esistenza di alcune stanze virtuali, una sorta di chat in cui però ci si scambiano non messaggi di testo, bensì messaggi vocali. Il risultato è una specie di podcast (termine nato per indicare la registrazione di trasmissioni radiofoniche per l’ascolto on demand, ma ora esteso a tutti gli scambi di battute audio) che si crea in tempo reale sulla base della contribuzione dei singoli utenti. Su Clubhouse, si può accedere a una stanza anche solo per ascoltare ciò che viene detto, senza intervenire in prima persona. L’elemento fondamentale, però, è che le conversazioni spariscono una volta chiusa la stanza: l’ultimo chiude virtualmente la porta e fa dissolvere quanto è stato detto, senza che si possa scaricare copia della conversazione.

Le condizioni per registrarsi al nuovo social sono: avere più di 18 anni e verificare la propria identità. Sono vietati i discorsi di odio e tutti i membri di una stanza - dal moderatore allo speaker all’ascoltatore semplice - possono segnalare contenuti inappropriati. Ma certo è che, una volta fatta la pentola, si può trovare il coperchio: in fondo, se tutti gli interlocutori della stanza sono d’accordo con noi, non verremo segnalati da nessuno, a prescindere da ciò che diciamo. Anche gli audio stessi delle conversazioni non vengono ‘trattenuti’ dal social a meno di segnalazioni di violazioni.

Clubhouse sta piacendo tanto oltreoceano e sta facendo molto parlare di sé. Ha fatto scalpore la notizia che Elon Musk, fondatore di Tesla - marchio avanguardistico di veicoli elettrici - ha invitato nientemeno che Vladimir Putin, numero uno della Russia, a conversare sulla nuova piattaforma social. Il successo del nuovo format sta spingendo anche le reti sociali storiche, come Facebook e Twitter, ad aggiungere alle proprie piattaforme servizi simili a quello offerto da Clubhouse che però, nel frattempo, rimane una rete d’elite a cui si può accedere solo su invito (ci si può registrare al social, ma non si può accedere spontaneamente alle stanze).

Si tratta di un processo che sta portando il mondo social (e la società in generale) a staccarsi sempre di più dalla comunicazione scritta: se su Facebook c’erano gli stati, su Instagram sono arrivate le foto, su YouTube imperano i video e ormai anche nell’app di messaggistica istantanea numero 1 al mondo ovvero Whatsapp i vocali stanno di gran lunga superando i messaggi scritti, soprattutto tra i più giovani. Cosa ci aspetta, allora, dopo una conquista della scrittura cominciata 3000 anni prima di Cristo con i Sumeri, passando per i monaci amanuensi e la stampa di Gutenberg? Torneremo ai gesti e ai messaggi di fumo? Ai posteri l’ardua sentenza.

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