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Comunicaré

Quando i gesti comunicano

In questi giorni c’è un gesto che sta facendo discutere la rete e non solo. Si tratta del ‘signal for help’, il segnale di aiuto pensato contro la violenza sulle donne.

Siete all’estero, in un paese in cui si parla una lingua che proprio non masticate. Avete sete ed entrate in un bar. Cosa fate? Probabilmente, vi affiderete alla lingua universale per eccellenza: i gesti. Mimerete il gesto di bere da un bicchiere o da una bottiglia e poi indicherete al barista la bevanda prescelta, con il dito puntato. Sì, anche questa è comunicazione: una comunicazione che non comprende la parola e che quindi rientra nella categoria della comunicazione non verbale.

La storia ci insegna che i gesti possono essere molto potenti e comunicare significati davvero complessi. Pensiamo agli atleti statunitensi medaglia d’oro e di bronzo alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, che - in segno di protesta per la discriminazione razziale - alzarono al cielo il loro pugno chiuso sul podio, durante la cerimonia di premiazione. Oppure pensiamo al saluto della Regina Elisabetta II, divenuto celeberrimo e copiato in tutto il mondo. Ma anche nella nostra vita quotidiana, quanti gesti convenzionali comunicano cose ben precise: le dita indice e medio incrociate in segno di speranza, il pollice, l’indice e il mignolo alzato segno amore (il gesto è l’unione dei gesti che vanno a formare le lettere I, L e U, ovvero I love you), per non parlare dei gesti volgari, come quello dell’ombrello o il dito medio alzato…

In questi giorni c’è un gesto che sta facendo discutere la rete e non solo. Si tratta del ‘signal for help’, il segnale di aiuto pensato contro la violenza sulle donne dalla Canadian Women’s Foundation nell’aprile 2020, in pieno lockdown, e arrivato ora anche in Italia. È un dato di fatto che, in questo periodo in cui la pandemia ci costringe in casa, la violenza domestica sia aumentata in tutto il mondo. Attraverso questo semplice gesto (il pollice della mano reclinato verso il palmo e le altre quattro dita, puntate verso l’alto, che si aprono e si chiudono su di esso) sarebbe possibile per le vittime di violenza domestica segnalare il problema a chiunque: al vicino dalla finestra, al fattorino di Amazon da dietro la porta, al passante da dietro le tende. Un grido di aiuto silenzioso, un gesto che si propone di diventare un significato universale, che tutti dovrebbero conoscere per poter aiutare il prossimo.

Alcune associazioni italiane contro la violenza sulle donne, però, si scagliano contro la campagna canadese. D.i.Re Donne in Rete contro la violenza, per esempio, sostiene che “Il video presuppone che al segnale parta un protocollo di intervento che di fatto non esiste” e che “Seppur fatto in buona fede, può diventare pericoloso. Per affrontare la violenza sulle donne ci vuole sempre competenza. Non si può improvvisare”. Altre associazioni, invece, come GenGle ammettono che un gesto non è la soluzione, ma che può costituire già un grande passo: “Di sicuro bisogna rivolgersi alle giuste professionalità e alle autorità ai primi segnali senza aspettare ma tutti possiamo iniziare fare la nostra parte anche con un piccolo gesto come questo, facendolo entrare nella nostra quotidianità e dandogli la giusta importanza”. Pur specificando che, purtroppo, in Italia non esiste ancora un protocollo standard di intervento in caso di segnalazione di violenza domestica.

Non è l’unico caso in cui il gesto si fa carico di significati sociali importanti. Pensiamo solo alla lingua dei segni, fondamentale per tutte le persone sordomute. Chiudiamo allora con una curiosità: non tutti sanno, che oltre alla lingua internazionale dei segni esistono tante lingue nazionali dei segni quante sono le lingue parlate. Addirittura in Gran Bretagna e negli USA, dove si parla inglese, si utilizzano però due lingue dei segni completamente diversi! Quando si dice, davvero, che un gesto comunica più di mille parole.

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