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Salute, Storie, Milano

Da Codogno all'ospedale in Fiera

Annalisa Malara, il medico anestesista che ha scoperto il 'paziente 1' Covid, Mattia Maestri, di nuovo in prima linea in questa emergenza. Stavolta all'ospedale in Fiera a Milano.

Quella sera di fine febbraio; un ricordo che, inevitabilmente, rimarrà per sempre stampato nella sua memoria. L'arrivo di Mattia all'ospedale di Codogno, i sintomi di qualcosa di diverso che si era insinuato nel suo corpo. Le visite, una serie di accertamenti e, poi, quel nome ('Covid') che stava cominciando a risuonare anche nel nostro Paese. "Potrebbe essere questo..."; e, alla fine, aveva ragione. Già, perché davanti a lei c'era proprio il cosiddetto 'paziente 1' della lunga e difficile emergenza Coronavirus, che dalla primavera scorsa ha investito la Lombardia e, più in generale, l'Italia intera. Ma Annalisa Malara, medico anestesista, appunto del nosocomio della città della provincia di Lodi, non si è mai persa d'animo (certo non è stato semplice), anzi ha lottato con tutte le sue forze per prestare ogni cura possibile alle tante persone che, man mano, purtroppo, continuavano a giungere al pronto soccorso e nei vari reparti. Non c'era, insomma, tempo da perdere; ogni secondo e ogni minuto erano fondamentali e decisivi; lo sapeva bene allora e lo sa altrettanto bene oggi, in piena seconda ondata, quella che ha deciso di affrontare di nuovo in prima linea e di farlo là dove, in questo preciso momento, c'è più bisogno. Da Codogno, quindi, all'ospedale in Fiera a Milano... "Per restituire - ha sottolineato - l'aiuto preziosissimo e vitale ricevuto a marzo e aprile, quando il Lodigiano è stato il primo territorio colpito dal Covid. In quel momento non saremmo riusciti con le nostre sole forze a curare i pazienti che arrivavano a ondate in pronto soccorso. Sono felice di essere qui. E' un modo bellissimo di condividere la nostra esperienza clinica con i colleghi e rendere così il sostegno e la vicinanza che abbiamo ricevuto nella prima fase". Un esempio di grande professionalità, impegno e dedizione. "C'è stata data la possibilità, su base volontaria, di venire a dare una mano in Fiera a Milano e, subito, mi sono resa disponibile - ha concluso - Che cosa ricordo, poi, della sera in cui Mattia si è presentato in ospedale? A chi me lo domanda, rispondo sempre che il pensiero va allo straordinario lavoro fatto con la testa e con il cuore. Abbiamo cercato, con la mia equipe, di offrire le migliori chance diagnostico-terapeutiche possibili e per questo motivo non mi sono sentita di escludere a priori la possibilità che si trattasse di Coronavirus, andando oltre le conoscenze dell'epoca e i protocolli in vigore e chiedendo, comunque, il tampone che, in quel momento non era visto come necessario perché non era un paziente considerato a rischio. Si è proceduto seguendo ogni tassello e avendo come obiettivo primario la centralità del malato; non ho potuto, insomma, esimermi dall'effettuare anche questa indagine che, successivamente, si è rivelata purtroppo positiva e ha dato inizio a quella che ormai conosciamo come una delle più gravi crisi sanitarie degli ultimi 100 anni".

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