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Salute, Inchieste

Covid-19: cosa ci aspetta

"I dati che oggi vediamo sono la fotografia di quanto successo 14 giorni fa - ci commenta l'analista Davide Tosi - Il futuro delle prossime due settimane è già scritto".

Numeri, dati, un flusso di informazioni continuo e spesso non da tutti comprensibile. In questa pandemia di coronavirus sono tante le opinioni e i contrasti su provvedimenti, ipotesi di gestione e mantenimento della condizioni sociali e di vita. Una cosa però non è proprio incontestabile: i numeri. E per capire come si sta muovendo l'epidemia abbiamo chiesto ad un esperto del settore, Davide Tosi, analista di 'Big Data' e professore all'Università degli Studi dell'Insubria e professore aggiunto in Bocconi a Milano: "Partiamo da un presupposto: i dati che oggi vediamo sono la fotografia di quanto successo 14 giorni fa - ci spiega - questo purtroppo è il tempo in cui si contrae, emergono le sintomatologie, si richiede il tampone e si ottiene l'esito. Se poi vogliamo essere più precisi, gli indici di terapia intensiva sono traslati di 20 giorni circa e le mortalità di un mese".
Ecco allora che qualunque intervento governativo, regionale o locale avrà ripercussioni almeno tra quindici giorni: "Il futuro delle prossime due settimane è già scritto - continua Davide Tosi - la crescita di contagi, positività, ricoveri in terapia intensiva e decessi sarà continua ed esponenziale. Non vi è nessuna magia che possa fermarla.
I primi risultati si potrebbero vedere, già in settimana, in termini di 'rallentamento' della crescita dopo la richiesta di maggior responsabilità ai cittadini. Basti pensare che questa estate il 50% dei cittadini dichiarava di indossare la mascherina e ora siamo al 74%. Il grosso problema è sempre rincorrere gli eventi".
La prima inversione di rotta, dopo un giugno e luglio di decrescita, Davide Tosi l'ha registrata il 27 luglio 2020: "Da lì ho iniziato a evidenziare che qualcosa si stava invertendo - commenta - e ora stiamo rincorrendo il virus. Bastava forse osservare Francia, Inghilterra e altri paesi europei che ora sono 20/30 giorni avanti a noi per capire cosa ci aspettava. Inutile negarlo: ricette non ve ne sono. Basta anche sfatare un altro mito: siamo tornati a circa il 13% di tamponi positivi su quelli processati, come a marzo".
Ma vi è qualcosa che può far sperare? "Da analista una cosa sì, seppur al momento minima, è che la 'curva' di crescita normalizzata è leggermente meno ripida della prima ondata - commenta - ora molto dipenderà da noi e da come gestiremo le nuove restrizioni e i nostri atteggiamenti, che interpellano la responsabilità personale di ognuno".

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