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Salute, Storie, Castano Primo

Il Covid... in prima linea

Massimiliano Bertini, infermiere di Castano, e la lunga emergenza Coronavirus. I pazienti che aumentavano, le terapie da trovare in breve tempo, le paure e la forza del lavoro di squadra.

Il primo pensiero, oggi, è più che altro uno sguardo al presente ed al futuro con un po' più di speranza e serenità, ma niente e nessuno, comunque, potranno mai cancellare questi lunghi mesi appena passati. Perché lui, alla fine, con l'emergenza Coronavirus si è trovato davvero 'faccia a faccia' e, da quegli ultimi giorni di febbraio fino ad ora, si è reso conto che, inevitabilmente, qualcosa è cambiato. Massimiliano Bertini, infermiere di Castano Primo, insomma, sa bene, da una parte quanto ogni singolo istante vissuto nell'ultimo periodo sia stato duro e complesso (i pazienti che continuavano ad arrivare, i reparti che si riempivano, la gente che non riusciva a respirare da sola e che doveva essere trasferita in terapia intensiva e attorno la preoccupazione e le paure di chi si trovava in un letto d'ospedale, accompagnati dal grande senso di vuoto e solitudine per non poter vedere un proprio caro) dall'altra anche come le immagine che si passavano in televisione o si trovavano sui giornali fossero soltanto una minima parte di ciò che stava accadendo. "La cosa che, subito, mi viene in mente, ripensando alle settimane trascorse, è la velocità con la quale tutto si è verificato - racconta - Ci siamo trovati in poco tempo, infatti, a dover fronteggiare una situazione sconosciuta e ad operare in uno scenario inusuale rispetto ai vari shock settici che, come personale di rianimazione, nel tempo, abbiamo affrontato". Qualcosa di nuovo e diverso, dunque, e che ha richiesto uno sforzo sempre più maggiore, sia dal punto di vista fisico, sia mentale. "E' stata come una linea che ha iniziato a crescere ed ha continuato a salire in maniera esponenziale - spiega - Lì, allora, sono dovute entrare in campo una serie di ulteriori azioni, arrivando, poi, alle scene che, ormai, tutti in Italia e nel mondo conosciamo, ossia le tute, le diverse protezioni, i caschi, gli isolamenti nelle camere e i differenti trattamenti dei pazienti (pronazioni, modalità di ventilazioni diverse, ecc...)". La battaglia contro il Covid, insomma, che ha fatto emergere, in modo ancora più forte, il grande lavoro di squadra dell'intero personale sanitario e di coloro che operano nelle strutture ospedaliere. "La forza è stata proprio questa - afferma - Percorrere assieme la stessa strada, senza mai perdere di vista l'obiettivo finale. E credetemi, in molti momenti, le difficoltà sono state enormi: bisognava trovare le terapie migliori e farlo nel più breve tempo possibile, quindi i casi di persone positive che aumentavano e si aggiungevano ai malati già ricoverati e l'ansia e l'angoscia che si leggevano nei loro occhi, perché non sapevano che cosa sarebbe successo e per i quali, non potendo avere contatti con i propri familiari, c'eri solamente tu come punto di riferimento. Situazioni che andavano oltre il virus e le cure, bensì erano qualcosa che riguardavano nello specifico l'aspetto umano ed emotivo. La mancanza d'aria, infatti, è una delle sensazioni peggiori che si possano provare e, pertanto, accanto alle terapie mediche vere e proprie, fondamentale era, in modo particolare, stare vicini ai pazienti e cercare di tranquillizzarli". Un'attenzione a 360 gradi, dunque, quella messa in campo da infermieri e medici, ma... "Non ci sentiamo assolutamente degli eroi, come qualcuno ci ha chiamati - conclude - Noi abbiamo fatto solo il nostro dovere. Abbiamo studiato per questo e chi, pertanto, avrebbe potuto essere in quei momenti precisi in quei posti, appunto, se non noi, che siamo in grado di agire con competenza di fronte a simili scenari".

"MESI CHE NON SI POTRANNO MAI CANCELLARE..."

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