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Salute, Cuggiono, Legnano, Magenta

"Casi più lievi per la minor carica virale"

Quanti pazienti sono stati trattati nei nostri Ospedali? Qual è la situazione attuale? Come si è fatto fronte all'emergenza Coronavirus? Il virus è davvero meno pericoloso?

Quasi mille pazienti 'Covid' gestiti dai nostri Ospedali (Legnano, Magenta e in riabilitazione ad Abbiategrasso) in questi mesi di pandemia da Coronavirus, in alcuni momenti anche oltre 300 contemporaneamente, con un servizio da parte di medici, infermieri, oss e tutto il personale davvero straordinario. "Ma non chiamateci eroi - commenta Paolo Viganò, primario di malattie infettive di Legnano - gli eroi sono tutti coloro che lavorano sedici ore al giorno per dare da mangiare ai figli... noi abbiamo fatto, con grande dedizione, solo il nostro lavoro".
Dopo mesi intensi, intensissimi, forse un po' di speranza: gli Ospedali vanno a svuotarsi o almeno così sembra. Ma come sono organizzati i nostri Ospedali?
"Al momento a Legnano abbiamo ancora due reparti attivi per le malattie infettive - ci spiega - ma per pazienti affetti da Coronavirus ne utilizziamo solo uno e mezzo (circa 30 pazienti e non tutti gravi), mentre il resto del reparto è per altre malattie infettive. Rispetto ai quasi sei di alcuni momenti va decisamente meglio. Magenta è poi 'pulito', non ci sono più reparti per Covid, così come tranquillo è Cuggiono. Solo Abbiategrasso conta ancora qualche paziente in riabilitazione nel reparto del 'piede diabetico'. Ora, in effetti, vi è molto più respiro".
Ma quindi il virus è mutato o si è 'indebolito'?
"Questo assolutamente no - spiega Paolo Viganò - il virus è lo stesso di marzo e aprile, solo che in questa stagione, come avviene per tutti i Coronavirus, cambia la carica virale del contagio. La carica virale corrisponde al numero di particelle virali trasportate e rilasciate nell'ambiente – ad esempio con tosse e starnuti – da un individuo contagiato dal virus, come può essere il nuovo coronavirus SARS-CoV-2. La dose infettiva è invece il numero medio di queste particelle necessario per scatenare l'infezione in una persona.
In ambienti chiusi, con fuori freddo e con grandi assembramenti, si rischia di assorbire più carica virale sviluppando infezioni più gravi, mentre con locali arieggiati o all'aperto, con la giusta distanza fisica e le mascherine, si può prendere ma in forma più lieve".
Ritiene quindi importanti questi accorgimenti di salute pubblica? Ci sono rischi per delle seconde ondate?
"Di certo tenere tutto chiuso ora avrebbe provocato dei costi sociali superiori ai costi di salute pubblica - spiega - Era giusto provare a ripartire con cautela e attenzione. Dire se e quando potrebbe esserci una seconda ondata è impossibile, certo ho più timori per l'autunno che non per questa stagione in cui comunque il virus circolerà ma in modo forse più lieve. Ad ogni modo, se servisse, abbiamo almeno altri tre reparti pronti da riaprire immediatamente".
Come è stata gestita l'emergenza? Si era preparati?
"Alcune cose sono state sviluppate e osservate con i miei colleghi e con i dati condivisi a livello internazionale nel tempo, in fondo è un virus ancora nuovo e poco conosciuto - commenta Paolo Viganò - prima si è partiti facendo scorte di antivirali e apparecchiature per intubare, poi con trattamenti di eparina. Noi stessi abbiamo modificato le procedure di approccio. Ora, inoltre, vi è più capacità di riconoscerlo subito fin dai primi sintomi, cercando di individuare terapie per tempo e non solo in fase acuta. Il 19 febbraio mai si sarebbe immaginata la 'slavina' che ci avrebbe travolti in così poco tempo. Non vi era preparazione sul territorio, le ambulanze non bastavano e si faceva fatica a gestire la richiesta antinfiammatoria devastante che il virus portava nelle persone".
Con i prossimi mesi potrebbe arrivare un vaccino? Vi è questa speranza?
"Onestamente non credo - spiega - Stiamo aspettando, con ricerche in tutto il mondo occidentale, da oltre 30 anni il vaccino per l'AIDS e non si è ancora trovato. Vedremo. La stessa terapia con il plasma andrebbe valutata con pubblicazioni e analisi precise, si rischia di illudere la gente. La scienza richiede analisi, test e tempi di verifica. Non tutto si può applicare a tutti".
Come trova ora le persone, si è imparata la 'lezione' e si è tornati a vivere?
"Purtroppo molti hanno sviluppato la 'sindrome da tana' rimanendo in quarantena - commenta - ora anche questa è una preoccupazione. Tanti si sono adagiati e si trovano bene in isolamento e ritornare alle relazione provoca fragilità. Sono nuovi problemi, conseguenza di quanto accaduto. Che poi alcune procedure di attenzione e cura siano necessari, come lavarsi spesso le mani, si è sempre saputo e tutte le mamme ce lo hanno sempre insegnato".
Vi sono stati contagi tra il vostro personale?
"Nei nostri reparti 'Covid' solo l'8% del personale sanitario ha effettivamente contratto il virus, segno forse che le attenzioni e le accortezze maturate nella formazione e preparazione hanno pagato. In altre strutture forse i numeri sono stati diversi perchè il virus girava da tempo prima che si sapesse riconoscerlo".

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