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Il terzo tempo, Sport

La pandemia del calcio

L'Italia sta combattendo la grande e difficile battaglia contro il COVID-19. Non si sa quando e come ripartire, ma, purtroppo, come sempre il primo pensiero è al mondo del calcio.

Quando e, soprattutto, con quali modalità? Prendendo a prestito un famoso spot pubblicitario e modificandolo un po', verrebbe da dire... "Toglieteci tutti, ma non il calcio". Perché mentre nel nostro Paese sono ancora tanti, tantissimi i dubbi, le perplessità e i punti interrogativi sulle riaperture (la 'Fase 2', per intenderci), beh la 'nostra' priorità, come sempre e purtroppo, resta il calcio. Nuovi contagi, altri morti, aziende ed attività commerciali che non sanno se e come potranno aprire, insomma, eppure noi... chi se ne frega! Noi, ancora una volta, dobbiamo mettere al primo posto il mondo del pallone e quella volontà di tornare in campo per forza e a tutti i costi. "Cara e vecchia Italia", qui ci troviamo di fronte, oltre che alla pandemia, quella vera, difficile e grande da COVID-19, anche a quella nella testa di chi governa questa realtà e delle varie società che vi ruotano attorno. Non sia mai che si prenda neanche minimamente in considerazione la possibilità di dire "basta!". No, lo 'stop' ufficiale e definitivo non è ammissibile; volete mettere il "giro economico che c'è e che si andrebbe a perdere" (e le televisioni e i diritti e i gli atleti e i tifosi e tutto il resto...), mica ci si può fermare (siamo matti?), niente "arrivederci e ci vediamo il prossimo anno"; ipotesi che, magari, qualcuno avrà pure cercato di portare alle attenzioni, ma che è stato, subito, stoppato. Dai non scherziamo, bisogna scendere di nuovo in campo, come se da qui dipendesse il presente ed il futuro dell'Italia (mah..., per non dire altro di più offensivo). Che, poi, si prenderanno tutte le misure necessarie e specifiche: ritiri blindati, partite a porte chiuse, controlli quotidiani ed anche in più momenti della giornata, nessun contatto con il tifo e gli appassionati, forse si giocherà solo al centro o al sud (dove il Coronavirus si è insinuato con minore intensità) e, ovviamente, tamponi per giocatori, staff e ogni persona che lavora in questa o quella squadra. Già, i singoli strumenti di sicurezza (e se ci saranno casi di positività? Che cosa succederà?) e, in modo particolari, i tamponi, gli stessi che, ancora oggi a distanza di settimane e settimane, non ci sono per medici, infermieri, personale sanitario, forze dell'ordine, volontari e cittadini, invece per il calcio, chissà come mai, sembrano comparire quasi per magia. Alla fine, purtroppo, il mondo del pallone ha perso, anche stavolta, l'ennesima occasione (in una situazione terribile e tremenda come quella che stiamo vivendo tutti) di mettere da parte la parola 'giuoco' e di far prevalere l'intelligenza, la concretezza e la presa di coscienza.

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