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Over the Game

Un soggiorno a Villa Spencer

La genesi di 'Resident Evil', una saga che ha coniato il termine 'survival horror'. Il videogioco che ha terrorizzato una generazione tra storia, personaggi e segreti.

L'orrore in pixel è cominciato nel 1982, quando sulla console Atari usciva 'Hauted House', un gioco d'esplorazione multi-mappa ambientato in una casa stregata. Il giocatore muoveva il personaggio (rappresentato come due occhi grandi al buio) all'interno della casa del defunto Zachary Graves per recuperare i tre pezzi di un’urna che avrebbe permesso al protagonista di scappare dalla magione, tutto questo schivando fantasmi, ragni e pipistrelli. Nonostante i limiti dei processori dell'epoca, 'Hauted House' è di diritto il primo gioco a tema horror della storia, un punto di riferimento per i titoli che sarebbero venuti dopo di esso. La vera svolta arriverà nel 1992, con l'uscita di 'Alone in the dark' (sempre di Atari), il primo gioco horror che muoveva personaggi in 3D in ambienti pre-renderizzati ripresi da una telecamera fissa. Il meccanismo era semplice ma rivoluzionario: quando il personaggio usciva dall’inquadratura della telecamera, si passava all’inquadratura successiva dell’altro ambiente o angolazione di esso e così via. Tale rivoluzione fu cruciale per i videogiochi e in particolare per un titolo che sarebbe emerso dai laboratori della Capcom per diffondersi come un morbo inarrestabile in tutto il mondo.

Casa dolce casa
Tutto ebbe inizio quando un giovane game designer di nome Shinji Mikami venne contattato da Tokuro Fujiwara per realizzare un remake in 3D del gioco 'Sweet Home'. Il gioco originale, uscito nel 1989, era un tie-in tratto dal film omonimo di Kiyoshi Kurosawa. Nel film una troupe televisiva si reca nella villa di un famoso pittore scomparso trentanni prima, allo scopo di realizzare un documentario e per trovare degli inestimabili dipinti nascosti dal pittore all'interno della villa. Una volta entrati sono attaccati dal fantasma di una donna misteriosa e da altre strane presenze. Per i nostri eroi quello che era cominciato come un semplice lavoro di routine, si trasforma in una lotta per la sopravvivenza nel tentativo di uscire dalla villa e scoprire l'agghiacciante segreto che si cela al suo interno. Il videogioco era un RPG con elementi horror. Il giocatore controllava quattro personaggi, ognuno con una particolare capacità che poteva servire nel combattimento, nel decifrare messaggi nascosti e nello sbloccare porte sbarrate. Il particolare che rendeva il gioco unico nel suo genere, era che se uno dei personaggi moriva durante la partita non poteva più essere recuperato, per tanto il giocatore doveva sforzarsi di mantenere in vita tutti i membri del gruppo, perché se uno o più morivano, il finale del gioco sarebbe stato differente in base ai personaggi sopravvissuti. Fujiwara, osservando il successo di 'Alone in the dark' aveva deciso di convertire 'Sweet Home' in un gioco in 3D, che sfruttasse lo stesso motore grafico del gioco Atari e che ripresentasse gli stessi personaggi e situazioni del gioco dell’ottantanove.

Una svolta imprevista
Mikami, alla sua prima esperienza con un gioco dalle tinte macabre (prima di esso aveva lavorato su 'Disney's Aladdin' e 'Goof Troop' entrambi della Disney e usciti su Super Nintendo Entertainment System) non sapeva da che parte cominciare; cosi, inizio a buttare giù qualche idea per la trama e il design del gioco. La prima bozza che presentò fu uno sparatutto in prima persona con un gruppo di mercenari che facevano irruzione nella villa e affrontavano fantasmi e altre presenze soprannaturali. L'idea della visuale in prima persona fu scartata, ma non quella dei mercenari. Si decise di affiancare a Mikami i giovani sceneggiatori Kenichi Iwao e Yasuyuki Saga, allo scopo di creare un seguito del gioco originale, che avrebbe raccontato di un gruppo di soldati scelti, che facevano irruzione nella villa alla ricerca dei sopravvissuti del primo gioco. Il duo condivideva le stesse passioni di Mikami per l'horror occidentale; in particolare per i film di George A. Romero. Fu così che quello che doveva essere un seguito/remake di un semplice Tie-in, si trasformo in qualcosa di diverso e totalmente inaspettato. I fantasmi furono sostituiti dagli zombie e la trama fu ulteriormente modificata per renderla coerente con il gameplay. Quando il gruppo presentò il lavoro, Fujiwara rimase sorpreso ed estasiato dinanzi al progetto originale su cui Mikami e il suo team stavano lavorando; così decise di abbandonare il remake di 'Sweet Home' per concentrarsi sul nuovo titolo, dal nome provvisorio di 'Psycho', per poi cambiare in 'Biohazard'; in occidente, si decise di cambiare nuovamente il titolo a causa di un omonimia con una band punk-metal; fu così che dopo una serie di combinazioni, nacque l’iconico 'Resident Evil'.

1996: l'inaugurazione di Villa Spencer
Il marzo del 1996, ’Resident Evil’ era pronto per fare il suo debutto su PlayStation; inutile dire che il successo fu globale. Le inquadrature fisse, la possibilità di poter vedere la storia attraverso i due punti di vista differenti dei due personaggi giocabili (Chris Redfield e Jill Valentine), le dimensioni limitate dell’inventario, le transizioni da una stanza all’altra intervallate da una porta che si schiude lentamente e il fatto che il giocatore dovesse fare attenzione nell’uso delle munizioni, rendevano il gioco unico nel suo genere. Gli zombie, che si potevano trovare subito dietro la porta o non appena si svoltava l’angolo di un corridoio (si capiva che c’erano anche grazie ai lamenti che emettevano), erano una minaccia costante nel gioco, obbligando il giocatore a muoversi con la dovuta cautela all’interno della villa, anche perché, l’incontro con queste pericolose creature era altamente probabile in ogni ambiente; a quel punto si poteva scegliere di schivarli o di affrontarli se si aveva abbastanza munizioni. La vera protagonista nel gioco era la villa del suddetto titolo; enorme, labirintica, misteriosa e piena d’insidie e pericoli in ogni stanza e corridoio; un posto angosciante e carico di tensione a ogni spostamento, entrato di diritto nell’immaginario collettivo e che fece fare più di un balzo sulla sedia ai giocatori di tutto il mondo. L’altra caratteristica che rendeva il gioco così iconico, era l’intro realizzata con riprese in live-action, che facevano il verso ai film d’azione del periodo. Se nel film ‘Creepshow’ di Romero, i disegni si trasformavano in fotogrammi, nel gioco i fotogrammi si trasformano in disegni realizzati al computer, per poi tornare fotogrammi alla fine del gioco; il risultato è un qualcosa di puramente meta-cinematografico e una vera rivoluzione per il modo di raccontare una storia all’interno di un videogioco.

Esplora e sopravvivi all’orrore
Il bello di ‘Resident Evil’ risiedeva principalmente nel gameplay innovativo e molto coinvolgente. A differenza di ‘Alone in the dark’ (dove l’orrore è introdotto molto lentamente), qui l’orrore è introdotto fin dalla prima sequenza dell’intro, per arrivare al primo incontro con uno zombie all’interno della villa. A questo punto il gioco cresceva d’intensità e il pericolo di incappare in un morto vivente non appena si svoltava l’angolo o si apriva una porta, metteva il giocatore in uno stato di allerta continuo, accresciuto anche dalla solitudine e dall’isolamento del protagonista. Il gioco oltre ad introdurre gli archetipi del ‘Survival Horror’, introdusse anche il concetto di ‘Jump scare’; infatti i primi che giocarono al gioco non potranno mai scordarsi quei momenti di calma apparente interrotti dall’entrata improvvisa di una creatura dalla finestra infranta o di uno zombi che salta fuori da un armadio; per non parlare della varietà di creature che infestano la villa (ci arriveremo dopo); tutto era creato a regola d’arte: dal sangue che esplodeva ad ogni colpo di pistola o morso di uno zombie, al bossolo che fuoriusciva dalla pistola ad ogni colpo esploso. Il fattore delle armi era un punto fondamentale nel gameplay, poiché essendo le munizioni scarse, il giocatore doveva ingegnarsi per usarle il meno possibile, perché un numero elevato di munizioni poteva essere decisivo contro uno dei boss del gioco. In questo scenario conturbante, lo scopo principale era l’esplorazione della villa, per trovare i sopravvissuti della squadra precedente e le prove del coinvolgimento della multinazionale ‘Umbrella Corporation’ con gli esperimenti condotti all’interno dei laboratori segreti situati sotto la villa; il fatto è che non era facile visto che molte stanze erano chiuse e potevano essere sbloccate solo tramite determinate chiavi, che si trovavano nascoste nei vari ambienti di gioco; oltre a questo fattore il giocatore poteva trovarsi a dover risolvere degli enigmi, che permettevano di ottenere armi più potenti o determinati oggetti che potevano far avanzare il personaggio in un altro scenario. Tutto questo può essere riassunto in una semplice formula che sta alla base del gioco: esplora e sopravvivi all’orrore.

La fabbrica dei mostri
Gli zombie non erano gli unici mostri che i giocatori si trovarono ad affrontare nel primo gioco. Infatti, chi giocò al primo videogioco, dovette fare i conti anche con altre creature aberranti e totalmente inaspettate all’interno della villa. Questi esseri sono i risultati degli esperimenti della ‘Umbrella Corporation’, alla base dei quali c’è il Virus-T; un morbo in grado di far resuscitare i morti e di provocare radicali e incontrollate mutazioni negli altri esseri viventi. Dopo la dispersione accidentale del Virus all’interno dei laboratori e della villa, queste creature sono fuggite dalle loro gabbie e seminano il panico e la morte nei dintorni del complesso. Tra le creature che si affrontarono come cani e corvi zombie e tarantole giganti, i più pericolosi erano certamente gli ‘Hunter’, rettili antropomorfi ottenuti inoculando il Virus-T all’interno di embrioni geneticamente modificati. Questi esseri comparivano dopo aver sconfitto il boss di fine livello nella serra e a questo punto per il giocatore le cose si mettevano veramente male, quando cominciava a sentire gli unghioni dei mostri che battevano sul pavimento sempre più vicini, seguiti dei loro indimenticabili versi. Gli Hunter a differenza degli zombie sono molto più veloci e scattanti di essi; dotati di zanne e artigli possenti con i quali possono staccarci la testa con un colpo solo; inoltre, la loro pelle è così spessa che i calibri leggeri sono totalmente inefficaci, ragion per cui in questa parte del gioco il giocatore doveva fare scorta di munizioni sufficienti per il fucile a pompa, l’unica arma efficace contro di essi. Naturalmente in questo scenario non possono mancare i boss di fine livello, come un serpente gigante, una pianta carnivora, uno squalo gigante e la madre delle tarantole giganti. Tra di essi quello più pericoloso era il Tyrant, il risultato di tutte le ricerche svolte nel complesso al fine di creare l’arma biologica definitiva. Esso era un gigantesco zombie mutante, praticamente indistruttibile e inarrestabile, un vero incubo per i giocatori del periodo.

Un virus in continua evoluzione
Dopo il grande successo di critica e pubblico del primo gioco, per i dirigenti della Capcom era chiaro che avevano tra le mani un potenziale franchising da svariati milioni al pari di ‘Street Fighter’ e ‘Mega Man’. Perciò, diedero il via libera per un seguito sotto la supervisione dello stesso Shinji Mikami e con un giovane director di nome Hideki Kamiya (già nel team artistico del primo gioco e futuro creatore di ‘Davil May Cry’). Il gennaio del 1998 (accompagnato da due spot pubblicitari diretti niente meno che da George A. Romero), ‘Resident Evil 2’ fece un debutto a dir poco esplosivo. Seppur mantenendo le stesse meccaniche del primo videogioco, il secondo capitolo si distinse per la grafica e il design molto ben curato degli scenari e dei personaggi, per le sequenze animate di stampo cinematografico e per la trama molto più complessa rispetto al primo capitolo, che spostava la storia dalla villa alla vicina città di Raccoon City, martoriata da una epidemia causata dal Virus-G (una variante del Virus-T), un morbo molto più aggressivo del primo e con la capacità di mutare gli organismi infetti fino a trasformarli in perfette armi biologiche. Oltre ai nuovi personaggi, vennero introdotti nuovi boss e creature come i Licker, umani mutati dal Virus-G e muniti di una lingua lunga in grado di forare qualsiasi tipo di corazza. sull’onda del successo dei primi due capitoli il settembre del 1999 arrivò ‘Resident Evil 3: Nemesis’, che oltre a riprendere uno dei personaggi del primo capitolo (Jill Valentine), introduceva il temuto boss Nemesis, il risultato finale degli esperimenti condotti sul Tyrant, molto più potente e distruttivo del primo e con la capacità di attaccare a distanza con l’aiuto di un lanciarazzi. Dopo una serie di spin-off, i dirigenti della Capcom decisero che era giunto il momento per il franchising di svecchiarsi e sperimentare nuovi approcci con i giocatori; così nel 2005 arrivò il quarto capitolo della serie, che stravolse in maniera positiva l’intera saga. Le inquadrature fisse vennero sostituite da una telecamera spallare che seguiva il personaggio in ogni ambiente del gioco; al posto del virus fu introdotto il temibile parassita ‘Las Plagas’, in grado di assoggettare e trasformare gli organismi con cui veniva in contatto in zombie senzienti che rispondevano alla volontà di una mente alveare capeggiata dal parassita regina.

2017: il ritorno del male
Dopo i disastrosi risultati dei capitoli cinque e sei, era ormai chiaro che il franchising stava per soccombere sotto il peso della ripetitività e delle poche idee originali usate dagli ultimi sviluppatori della serie. Tutto ciò era dovuto anche al fatto che gli ultimi due capitoli erano maggiormente concentrati sul lato action che su quello horror, un elemento che aveva caratterizzato la serie fin dal primo gioco. Fu così che la Capcom decise di cambiare strategia per il settimo capitolo della saga; il nuovo 'Resident Evil' sarebbe stato molto più spaventoso rispetto agli ultimi capitoli e pur raccontando una storia diversa con nuovi personaggi, avrebbe recuperato molte meccaniche e rimandi ai giochi originali; ma la differenza maggiore di questo nuovo capitolo è che avrebbe stravolto nuovamente il franchising con un elemento che era stato scartato per il primo videogioco: la visuale in prima persona. Dopo il grande successo di videogiochi come 'Outlast' e 'Dying Light', si pensava fosse giunto il momento anche per 'Resident Evil' di provare il suddetto approccio; così il gennaio del 2017 'Resident Evil 7: Biohazard' arrivo sugli scaffali e il successo fu stratosferico. Il nuovo capitolo ambientava la storia in una villa nel sud della Louisiana, dove il protagonista si reca dopo aver ricevuto un misterioso messaggio della moglie che lo esortava a stare lontano dal luogo. Una volta sul posto, l'uomo scopre che la moglie è stata infettata da un fungo parassitario noto come 'Necrotossina-E' e che la casa è abitata da feroci psicopatici mutanti e mostruose creature chiamate 'Micotici'. Tra citazioni al cinema di Tobe Hooper e James Wan e una serie di easter eggs, personaggi e situazioni che omaggiano l'intera genesi del franchising, il settimo capitolo è forse l'episodio più disturbante della saga, un vero e proprio ritorno a quelle atmosfere claustrofobiche e alienanti che tracciarono un solco profondo nella storia dell'horror videoludico.

L’infezione arriva in sala
Un reparto di forze speciali, una magione infestata da zombie e creature mutanti, misteri, retroscena inaspettati e una spietata multinazionale con agganci governativi; questi sono gli elementi che hanno fatto di 'Resident Evil' un fenomeno del pop anni novanta. Inutile dire che un tale successo avrebbe attratto a se i riflettori di Hollywood e chi meglio di George A. Romero per l'adattamento di uno dei giochi più cool del periodo? Nel 1998 mentre dirigeva gli spot per 'Resident Evil 2', venne proposto a Romero di adattare il suddetto videogioco, naturalmente lui accetto molto volentieri e l'anno successivo consegno una prima bozza del copione che aveva scritto per l'adattamento. Disgraziatamente la sceneggiatura venne cestinata dai produttori del film, poiché considerata scarsa nelle sequenze d'azione e troppo concentrata sull'elemento horror. Infatti nella visione di Romero il film era stato concepito per essere una lenta discesa verso l'orrore, mentre i produttori volevano puntare su uno stile action simile al film di 'Matrix' che era uscito recentemente in quel periodo. A causa di queste divergenze creative, Romero abbandono il progetto, mettendo la produzione del film in un momentaneo stand-by. Nonostante questa battuta d'arresto, i produttori non si persero d'animo e incominciarono subito la ricerca di un nuovo regista e sceneggiatore; tra i vari registi come Jamie Blanks (regista di 'Urban Legend'), Luis Llosa (regista di 'Anaconda') e Vincenzo Natali (regista di 'The Cube'), l'unico che fece breccia nel cuore della produzione fu un giovane cineasta inglese di nome Paul W. S. Anderson, il quale aveva già adattato un videogioco di successo per il grande schermo ('Mortal Kombat'). A differenza di Romero, la visione di Anderson si scostava pesantemente dalla trama del videogioco, pur mantenendo situazioni ed elementi caratteristici del gioco. La trama si svolgeva non nella villa ma direttamente all’interno del laboratorio situato sotto di essa, noto come 'L'alveare' (chiaramente inspirato al laboratorio sotterraneo del film 'Andromeda' di Robert Wise) e al posto dell'Alpha Team c'era una squadra di sicurezza della stessa multinazionale responsabile del disastro, inviati a soccorrere i sopravvissuti e a disattivare l'intelligenza artificiale che governava il complesso, nota con il nome di 'Regina Rossa'. Al posto di personaggi iconici come Chris Redfield e Jill Valentine, venne introdotto il personaggio di Alice (interpretato da Mila Jovovich), mai apparso in nessun capitolo della saga. Il marzo del 2002, il film di 'Resident Evil' era pronto per fare il suo debutto in sala e nonostante la trama fosse stata completamente stravolta, il film fu un vero successo al botteghino e consacro la giovane Mila Jovovich come stella nascente del cinema d'azione di inizio secolo. Seppur la saga di 'Resident Evil' detenga il record di videogioco più adattato al cinema (ben sei film), non si può dire che ha livello narrativo sia la più eccelsa; infatti a partire dal quarto film la narrazione è completamente sconnessa dai precedenti capitoli, come se quest'ultimi non esistessero; il ché genera una grande confusione nella mente dello spettatore e lo lasciano con una serie di domande senza risposta e con un senso di delusione e insoddisfazione per un franchising che meritava un trattamento più equo. A parte questo , nel 2017 è stato annunciato un reboot totale della saga al cinema, che avrebbe dovuto vedere James Wan in veste di produttore esecutivo; sfortunatamente dopo l'annuncio del regista (Johannes Roberts), Wan ha abbandonato il reboot per una concomitanza d'impegni con altri Studios. Ciò nonostante il progetto è tuttora in sviluppo, e pur non avendo una data d'uscita il regista del nuovo film ha dichiarato che a differenza dei precedenti adattamenti, la nuova pellicola si concentrerà meno sull'azione, per tornerà alle radici horror del franchising, in modo da rendere giustizia al titolo e consegnare ai fan un film che sia degno di essere chiamato 'Resident Evil'.

Trama del primo videogioco
Sulle montagne Arklay, nei pressi della fittizia città di Raccoon City, sorge villa Spencer, di proprietà della multinazionale ‘Umbrella Corporation’. La villa ufficialmente è un centro di ricerca botanico volto alla creazione e allo sviluppo di piante officinali per la realizzazione di vari farmaci. In realtà è solo una facciata per coprire i veri esperimenti che comprendono: ricerca genetica illegale e studio e sviluppo di armi batteriologiche per uso bellico offensivo. Negli ultimi tempi, una serie di feroci e brutali omicidi ha scosso la tranquillità del luogo e sembra che al centro di tutto ci sia proprio il suddetto centro di ricerca. La S.T.A.R.S. (Special Tactics And Rescue Service) invia una squadra nota come ‘Bravo Team’ ad indagare sulle possibili attività illegali condotte all'interno della villa. Dopo avere perso i contatti con essa, il comando invia una seconda squadra nota come ‘Alpha Team’ in soccorso alla prima e con l’obbiettivo di far luce sui misteriosi accadimenti nei dintorni della villa. Una volta giunti sul posto scoprono che la prima squadra è stata decimata da un gruppo di creature non identificate; dopo essere stati attaccati da suddette creature, i membri dell’Alpha Team si rifugiano all’interno della villa per scoprire con orrore che la dispersione accidentale del Virus-T, ha trasformato in famelici zombie il personale che vi lavorava. Per i nostri eroi comincia una feroce battaglia per la sopravvivenza tra i morti viventi e le creature mutanti, frutto dei deviati esperimenti, ma non solo: c’è qualcuno all’interno della villa determinato ad insabbiare la vicenda e a recuperare un campione del virus insieme agli ultimi dati delle ricerche che venivano condotte nel complesso, qualcuno disposto anche ad uccidere per mettere a tacere la faccenda.

Personaggi del primo videogioco
Chris Redfield: è un membro dell'Alpha Team dell'unità S.T.A.R.S ed è un tiratore scelto. In passato ha lavorato nell'aeronautica militare statunitense, ma fu espulso per il suo temperamento irascibile e spesso ribelle. Chris è più resistente di Jill agli attacchi nemici e più veloce sia nel combattimento col coltello sia nel fuggire. Può portare sei oggetti alla volta e dispone di meno armi, meno munizioni e meno kit medici, ma è più veloce nello spostare oggetti pesanti e brandisce armi di grosso calibro con più facilità.
Jill Valentine: addetta alla copertura e specialista B&E. Ha un passato di scassinatrice alle spalle; le sue abilità vengono notate da Barry, che la aiuta a uscire dalla sua vita criminale per introdurla nelle forze dell'ordine e successivamente nell'unità S.T.A.R.S. Jill è meno resistente di Chris, più lenta nel combattimento col coltello e nelle manovre evasive quindi risulta più vulnerabile agli attacchi nemici, ma può portare otto oggetti alla volta, dispone di più armi, munizioni e kit medici. Trova più difficoltà nello spostare oggetti pesanti e brandire armi di grosso calibro, ma può aprire certe porte e cassetti più facilmente grazie al suo grimaldello.
Barry Burton: addetto alla fornitura di munizioni, esperto in armi da fuoco e in esplosivi. È un uomo con saldi principi morali, sposato e con due figlie, ed è una sorta di figura paterna per Chris e Jill. È il personaggio di supporto di Jill e spesso il suo aiuto si rivela indispensabile durante l'avventura della donna.
Albert Wesker: Capitano della Squadra Alpha dell'unità S.T.A.R.S, incaricato di coordinare l'Alpha Team nel soccorso o nel ritrovamento del Bravo Team, che investiga autonomamente sugli eventi che accadono presso le montagne di Arklay. Wesker è un uomo risoluto, che fornisce talvolta aiuto ai membri del suo team, ma si mostra spesso tuttavia schivo in quanto preferisce agire da solo.
Brad Vickers: pilota dell'elicottero che li scorta sulle montagne di Arklay. In seguito all'attacco di alcuni dei membri della sua squadra, Brad ha una crisi di panico e scappa lasciandosi indietro i suoi colleghi. Ma la sua codardia è solo apparente, egli infatti ha sorvolato la villa per tutto il tempo aspettando un segnale dai propri compagni.
Joseph Frost: addetto alla supervisione della squadra. Muore poco dopo l'atterraggio ai margini della Villa Spencer, sbranato da un branco di cani infetti.
Rebecca Chambers: Rebecca è una recluta da poco assegnata come membro del Bravo Team dell'unità S.T.A.R.S. e svolge il ruolo di paramedico. È una dei pochi sopravvissuti della sua squadra, subentrata alcuni giorni prima ma scomparsa misteriosamente, e rimane nascosta in una stanza finché Chris non la trova. Rebecca è il personaggio di supporto di Chris ed è talvolta giocabile quando questi richiede il suo aiuto. Rebecca è di stazza minuta, quindi molto più agile e veloce, e sa maneggiare le sostanze chimiche. È anche in grado di leggere le note e suonare il pianoforte, anche se non con la stessa bravura di Jill.

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