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Sport, Castano Primo

Quindici anni senza il 'Pirata'

Era il 14 febbraio del 2004 quando Marco Pantani venne trovato morto in un residence di Rimini. Il ricordo del castanese Renzo Bellaria, per anni e anni al seguito del Giro d'Italia con la radio informazione. "Un campione capace di riunire la gente".

L’atleta, il campione, per i tanti tifosi ed appassionati solo e soltanto il ‘Pirata’. Ma soprattutto l’uomo, semplicemente Marco, il corridore capace di scrivere pagine e pagine di storia del ciclismo nazionale ed internazionale, di richiamare la gente da ogni angolo d’Italia ed anche del mondo, di vincere ed emozionare. Quindici anni dopo quella terribile sera di San Valentino, il ricordo di Pantani è più che mai vivo nei cuori e nella testa. Nessuno, alla fine, è riuscito più ad essere come lui: un simbolo e un punto di riferimento per chi le corse le viveva in prima persona e per chi magari si stava avvicinando a questo sport oppure era un normale spettatore. Il tempo passa, insomma, però le lacrime, il dolore e la commozione continuano ad essere le stesse di allora e si mischiano ogni volta alle tante, tantissime immagini di quel ragazzo che dominava le corse, che dove andava andava riceveva calore, affetto e applausi, che era caduto in altre occasioni, ma era poi sempre riuscito a rialzarsi, fino al 14 febbraio del 2004 quando in un residence di Rimini è volato via, lasciando attorno un grande e immenso vuoto. “Non dimenticherò mai le sue ‘prime volte’ al Giro d’Italia – racconta il castanese Renzo Bellaria, un passato al seguito della ‘corsa rosa’ e di molte altre gare in sella ad una motocicletta per la radio informazione – Correva con la ‘Carrera’ e si vedeva fin da subito che aveva delle qualità straordinarie. Il ds di allora era Davide Boifava, ricordo ancora il giorno che parlandoci mi disse: “Vedrai che tra qualche tempo conquisterà Giro e Tour de France...”. E aveva ragione”. Altroché se ce l’aveva, perché, infatti, il ‘Pirata’ nel 1998 (passato, nel frattempo, alla ‘Mercatone Uno’) fece appunto la doppietta. “Uno scalatore puro – prosegue Bellaria – I momenti che ho di lui sono praticamente tutti durante le corse; una persona riservata, capitava che con altri campioni dopo la gara ci si fermasse a chiacchierare, con Marco, invece, era una cosa rara. Ci si salutava prima della partenza o conclusa la competizione “Ciao, buongiorno, buonasera...” e negli occhi gli leggevi la concentrazione per l’appuntamento che lo attendeva. Nella testa, poi, ho sempre viva l’immagine di uno degli ultimi Giri che faceva, era caduto, così mi sono avvicinato per aiutarlo a rialzarsi e guardandomi esclamo: “Che sfortuna! Che sfortuna!”. Non lo so, la sensazione che mi ha trasmesso in quei pochi istanti era di un uomo forte, ma allo stesso tempo fragile”. Pantani il campione, insomma da una parte, contemporaneamente, però, anche Pantani uomo, persona. “Una cosa è sicura – conclude il castanese – è stato un grande del ciclismo e un corridore che ha saputo coinvolgere e riunire tifosi ed appassionati di qualsiasi nazionalità. Negli anni dopo la sua scomparsa, lungo le strade nelle varie tappe del Giro, trovavi striscioni, cartelli, sciarpe, magliette o cappellini del ‘pirata’. L’amore nei suoi confronti era qualcosa di unico; Marco, purtroppo, non c’era più, però per tutti era come se non se ne fosse mai andato, se fosse ancora lì tra gli atleti e tra il pubblico”.

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