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Storie, Buscate

La vita ad Aleppo...

Frate Ibrahim Alsabagh, nei giorni scorsi è venuto a Buscate per un incontro - testimonianza. La sua esperienza di missionario, tra la guerra e la ricostruzione.

Aleppo, tra i più antichi centri abitati, è l’esempio perfetto di una città mercantile multiconfessionale e multietnica. Capitale economica e culturale della Siria, dal 2012 è terreno di scontro tra l’esercito regolare e varie milizie armate ribelli. La città si divide di fatto in due parti e, dato che non c’è un netto vincitore sul campo, inizia una guerra di logoramento che costringe molti civili a fuggire o a vivere sotto assedio. Verso la fine del 2016, il governo conquista la parte est di Aleppo. L’interesse dei nostri media è stato incostante durante tutto l’arco del conflitto; per tale ragione, le iniziative che pongono all’attenzione del pubblico il dramma della guerra civile siriana hanno particolare rilevanza. È questo il caso dell’incontro che si è svolto lunedì 5 febbraio presso la sala civica Angelo Lodi di Buscate. Alla presenza di un pubblico numeroso e attento, frate Ibrahim Alsabagh (francescano e membro della Custodia di Terra Santa) ha raccontato la sua esperienza di missionario ad Aleppo. Le conseguenze del conflitto, patite in primo luogo dalla popolazione civile, sono molte. Alcuni servizi essenziali, ripristinati di recente, non sono spesso adeguati: non c’è certezza che in alcune aree l’acqua sia sempre potabile e l’elettricità arriva solo per poche ore al giorno, prevalentemente di sera. Numerose attività economiche sono danneggiate, distrutte o non più funzionanti, e l’accesso alle cure mediche è sempre più complicato. Le persone sono obbligate a scegliere tra se stessi e i propri cari e così i genitori trascurano volontariamente la propria salute, di sovente nel riserbo più assoluto, per concentrare le poche risorse rimaste in favore dei figli. Sono molti i casi di malnutrizione e i traumi di natura psicologica. “Le maestre - racconta frate Ibrahim - spesso non riconoscono i propri allievi, bambini cresciuti durante la guerra e che a volte sono nervosi, quasi aggressivi, senza un’apparente ragione: è la reazione alle violenze che hanno visto e subìto. Si legge tanta disperazione nello sguardo di molti ragazzi e perdere la speranza è un mostro peggiore della guerra stessa. Solo pochi giorni fa tre persone, che vivevano vicino al nostro convento, si sono suicidate”. In un contesto del genere, l’essere umano può sfoderare le armi migliori che ha a sua disposizione: l’empatia e l’impegno. Con l’autorità civile in crisi, il convento diventa presto un punto di riferimento, di sostegno e di conforto. Un ruolo così importante non si ottiene da un giorno all’altro, ma è frutto di una presenza e di un’attività continua. Sono tanti i progetti che frate Ibrahim ha coordinato in questi anni, spesso cercando strenuamente i fondi necessari. Si parte dal pacco alimentare e si arriva al supporto economico dato alle famiglie, circa seicento, che rischiano di perdere la propria casa per non aver pagato il mutuo. I cittadini, grati dell’aiuto ricevuto, iniziano a collaborare nelle diverse attività, innescando un circolo virtuoso di sostegno reciproco. Più recente è il programma che cerca di garantire cure mediche di base a oltre quattromila bambini che rischiano di esserne esclusi; inoltre, si sta sviluppando un piccolo fondo per l’imprenditoria perché “(…) i siriani non vogliono vivere d’assistenza, si stanno impegnando, ognuno con le proprie forze, per avere di nuovo la loro quotidianità”. Anche i cittadini di Buscate hanno dato il loro contributo, raccogliendo una donazione consegnata da don Giuseppe Osnaghi, parroco della cittadina, a frate Ibrahim. In conclusione, possiamo affermare che la Siria è stata per tutta la sua lunga storia un luogo di mediazione e di incontro tra diverse civiltà, antiche e moderne. Questo non può essere cancellato.

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