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Editoriali, Il bastian contrario

NFL e NBA vs Trump

NFL e NBA sono in rivolta contro il presidente degli Stati Uniti d’America. Mi scappa da ridere. Altro che guerra, qui, al massimo, sembra di stare alle elementari.

NFL e NBA, le principali leghe sportive di football e basket sono in rivolta contro il presidente degli Stati Uniti d’America. Mi scappa da ridere. Altro che guerra, qui, al massimo, sembra di stare alle elementari. Ennesimo episodio vuoto in significato e radici ideologiche. E mi dispiace essere così brutale nel definire questa vicenda, ma la verità fattuale delle cose ha l’obbligo di prevalere. Brevemente la situazione: Donald chiede che i giocatori, che in segno di protesta per la politica presidenziale (mai nessuno che entri nei dettagli) si rifiutano di ascoltare in piedi l’inno nazionale, vengano sanzionati. La notizia fa rumore. Il giorno dopo Trump invita alla Casa Bianca la squadra detentrice del titolo di NBA, ma il capitano, Curry, dichiara di non volersi presentare, a causa di un insuperabile disgusto per ciò che il presidente americano fa e dice. In seccata risposta Trump ritira l’invito. La ribattuta arriva da LeBron James che sottolinea come andare alla Casa Bianca fosse un onore prima che arrivasse lui (Trump ndr.). Aumentano giocatori che si inginocchiano durante l’inno. Qui, furiosa, la risposta di Trump, che parafrasata, a causa del linguaggio poco presidenziale, dice che chiunque non rispetta la bandiera americana deve essere licenziato, Fired! Vicenda quantomeno sgradevole per il comportamento di entrambe le fazioni, ma che lascia trasparire un atteggiamento tanto odioso, quanto supponente di tutta quella fronda anti-Trump, che si sente quotidianamente legittimata al gioco del giudizio aprioristico. Dato per assodato che Trump sia razzista, sessista, omofobo e tutte queste parole che piacciono ai sociologi, è evidente come il giudizio su Trump sia preventivamente viziato. Il comportamento di Curry e LeBron non è poi così distante dai pompini offerti da Madonna durante la campagna elettorale, anzi. Si tratta di una “guerra” veniale, gratuita e improduttiva; basata sul nulla. Modi per manifestare dissenso ce ne sono a migliaia; sicuramente non sono due di questi delegittimare pubblicamente un presidente eletto a maggioranza o lederne l’aurea di doveroso rispetto. Tutti i modi devono essere supportati dalla verità. E in un paese con un tasso di disoccupazione in costante calo (4,4%) e di produzione in aumento (+3% secondo trimestre 2017) fare polemica su queste cose è tanto infantile, quanto dannatamente vigliacco, ma il presidente non si senta scusato.

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