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Musica, Storie

Nava: la voce della notte

L'intervista a Giuliano Nava, la voce di Radio Popolare. Tra gli speaker delle trasmissioni notturne e più precisamente del programma 'Olly Night'.

Conosciamo da vicino una persona che definire 'grande' è davvero riduttivo. Entriamo nel suo mondo, un po' in punta di piedi e un altro po' irrompendo nei suoi spazi. Lui è speciale, e chi lo conosce può solo confermare la mia idea.

Giuliano Nava, come vuoi presentarti ai lettori?
Non per smentirti, ma sei esagerata!
Mi presenti come una persona speciale, ti ringrazio, mentre più semplicemente sono un individuo capace di portare fino in fondo un progetto in cui credo.

La tua voce è riconoscibile per gli ascoltatori di Radio Popolare. Tu sei uno speaker delle trasmissioni notturne e più precisamente il tuo programma si chiama 'Olly Night'. Le domande d'obbligo sono: perché hai scelto questo nome? Di cosa si occupa la messa in onda?
Come sempre quasi per caso. Una notte, prima di prendere sonno, mi giravo nel letto e improvvisamente mi è venuto il titolo Olly Night che poi è l’insieme del nome di via Ollearo, la sede da dove trasmette Radio Popolare, e naturalmente la notte.
La notturna, che quest’anno ha compiuto dieci anni, incominciò nel febbraio 2007. Siamo partiti io e Juri Bogogna trattando temi legati al vivere quotidiano e sin da subito abbiamo coinvolto il pubblico radiofonico in piena notte.
Poi sono stato affiancato da Silvia Villa. Dal giugno 2008 la trasmissione ha preso un nuovo taglio con temi di ampio respiro, dandogli un senso filosofico. Prendevamo spunto da un tema per puntata e veniva sviluppato grazie agli aforismi filosofici, articoli di giornali, e musica rigorosamente inerenti all'argomento. In seguito, dal gennaio 2011 una nuova svolta delle puntate notturne con ospiti live, come tu sai benissimo, con artisti di ogni genere, soprattutto cantanti, dando loro la possibilità di farsi conoscere al pubblico notturno esibendosi in diretta e rispondendo alle nostre domande. Tu ne sai qualcosa di più, visto che sei una valida conduttrice e che da parecchi anni lavori con me in piena sintonia.

E' innegabile e ormai collaboriamo da diversi anni per la notturna. Che c'è molta sintonia tra di noi lo hai anticipo già tu, anche perché è parecchio evidente e arriva anche agli ascoltatori che ci scrivono. Cosa è cambiato dalle tue notti solitarie?
Alla fine si evince che di notti solitarie ce ne sono state pochissime, e da quando ci sei anche tu la solitudine notturna non sappiamo cosa sia.

Sei una guida di 'Dialogo nel Buio' all'Istituto dei Ciechi di Milano. Come sei arrivato a ricoprire questo ruolo?
La notte in radio e la guida a 'Dialogo nel Buio' hanno un comune denominatore: il buio!
Scherzo... anche questa è una mia bella esperienza.
Ci sono arrivato per caso. Circa 11 anni fa ho sentito che a Milano volevano aprire una 'mostra al buio' per accompagnare le persone a sperimentarsi esplorando ambienti di vita quotidiana senza 'usare' gli occhi.
Io mi candidai e fui scelto. La guida deve essere un non vedente o ipovedente, persone che vivono costantemente la realtà che viene rappresentata per un’ora e quindici minuti circa.
Dall’ora vado avanti imperterrito.

Qual è il percorso che ricordi, ridendo e scherzando, o nel panico dei visitatori?
Dall’ora le iniziative al buio si sono moltiplicate, oltre il percorso, ci sono le cene al buio, il teatro al buio e le degustazioni... sempre al buio.
Riguardo il percorso ricordo tanti simpatici aneddoti. Un giorno una signorina, camminando al buio, era arrivata a riconoscere alcune piante aromatiche, dall’odore o dalla consistenza e si soffermò davanti a un rametto di rosmarino, riconobbe il rosmarino, ma non contenta mi chiese:”Come mai non trovo il basilico?” Io risposi:”L’abbiamo usato per fare il buio pesto!”
Battute a parte, ricordo sempre con favore lo stupore di una giovane studentessa che alla fine del percorso disse: “Si tratta di un'esperienza molto forte. Ci insegna che il buio ci rende più simili, cadono molti pregiudizi. Al buio ci si aiuta, scatta una solidarietà”.

Cosa pensi si possa portare con sé un visitatore di 'Dialogo nel Buio'?
Sicuramente una crescita interiore maggiore, un senso di voglia di cambiare alcuni pregiudizi e certamente non meno importante, è il capire che chi non vede non è né meglio e né peggio di ogni normodotato.

Quanto è importante la guida per questo percorso?
Il visitatore senza guida si troverebbe scaraventato in un mondo nuovo e, senza strumenti per decodificare un minimo la nuova dimensione, non saprebbe come leggere quella realtà. Dovrebbe in un tempo ristretto metabolizzare troppe emozioni.
Abbiamo provato a far girare dei visitatori in piena autonomia, però in ogni stanza c'era una guida a ri-orientare il visitatore. Il divertimento è stato assicurato, ma nulla di più, è stato vissuto come un bel giro in giostra. Il ruolo della guida è dar degli strumenti per comprendere un po' di più il come vivere superando le difficoltà quotidiane.

Siamo nel 2017 e purtroppo si parla ancora di barriere architettoniche. Dove riscontri questi problemi?
Il fatto che se ne parli è positivo, un tempo era un tabù.
Esistono almeno due tipi di barriere: quelle mentali, che sono le più pericolose, e quelle architettoniche che disturbano la nostra autonomia (rimediabili con un po di buon senso e un giusto investimento).
Ora le amministrazioni sono disposte a rivedere alcune scelte fatte in passato, ma non è sempre possibile sistemare errori ormai radicati nel tempo.
Noi non-vedenti dobbiamo segnalare le varie storture, senza temere di passare per rompiscatole.

Dicono che i non-vedenti abbiano un sesto senso. Sicuro è che sviluppano maggiormente gli altri sensi. Cosa pensi a riguardo?
Il sesto senso è una leggenda metropolitana. Per quanto riguarda lo sviluppo degli altri sensi non è sempre così automatico. Alcuni sono più afferrati nel deambulare, mentre altri sono più ferrati con la tecnologia. Come puoi capire ogni soggetto è particolare di suo, anche come tu mi insegni, la funzione sviluppa l’organo e dovendo usare con più convinzione i sensi a disposizione siamo più allenati, ma nulla di più.

Sei un instancabile viaggiatore 'fuoriporta'. Dai viaggi turistici, ai concerti e alle pedalate in tandem. Come organizzi i tuoi viaggi?
Personalmente amo viaggiare per conoscere direttamente le diverse realtà esistenti.
Mi organizzo a seconda della meta e i canali sono internet, oppure da un po' di anni esistono diverse organizzazioni che mettono a disposizione del personale per aiutarci, come accompagnatore, a secondo delle difficoltà del viaggio scelto. Oppure esiste sempre la catena di amici o parenti disposti a viaggiare con te.

Mostre, cinema e teatro non sono 'out'. Come riesci a goderti questi eventi?
Qui la tecnologia è molto importante, esistono delle App in grado di descriverti localmente il film che stai vedendo, piuttosto di una mostra. In questo ultimo caso esistono anche delle stampe in rilievo che ti fan capire, tramite il tatto, quello che gli occhi non vedono. Riguardo al teatro si tratta di ascoltare con attenzione, come sentire la radio.

Come si comporta la gente con te?
Tendenzialmente molto bene, il trucco è quello di accettare il loro aiuto e capire che non vogliono importunarti, ma essere utili.
Le persone dovrebbero essere molto naturali. Tempo fa stavo percorrendo una strada che ben conosco, mi si avvicina uno chiedendomi se volevo essere guidato. Io ho compreso che lui voleva guidarmi anche se io ero in grado di muovermi perfettamente, così ho accettato l’aiuto. Alla fine del breve percorso si è congedato dicendomi: “Menomale che per oggi ho fatto la mia buona azione quotidiana”. E senza saperlo pure io avevo fatto la mia buona azione...

Come si dovrebbero rapportare le persone normodotate con i diversamente abili?
Dovrebbero essere molto naturali e franchi, senza nessuna ombra di pietismo e senza essere troppo sgarbati…
Una volta mi sono rivolto a un signore chiedendogli: “Mi saprebbe indicare dove si ferma il bus 5?” e mi indicò col dito 'lì…lì'! Allora io gentilmente chiesi: “lì dove?” Lui sgarbatamente Mi rispose: “Ma che colpa ho io se lei non vede…”.

Tra sogno o incubo nel cassetto, cos'hai voglia di raccontare?
Siccome mi ritengo un tipo concreto racconto che l’incubo peggiore, per quanto mi riguarda, è quello di trovarmi un giorno senza l’aria e... morire soffocato.
Mentre un sogno è il potere vivere più di una volta senza dimenticare tutto quel che si è fatto in precedenza.

Questa volta non puoi desistere... L'ultima domanda la lascio a te: che cosa ti chiederesti?
Mi chiederei: “Perché sono al mondo?”
Cercherò di scoprirlo presto. Tutto questo è molto curioso e divertente.

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