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Storie, Cuggiono, Magenta

Michela: "Sono una disperata con dignità"

Michela Tresoldi è costretta a dormire all'ospedale Fornaroli di Magenta. "La mia vita è sempre stata complicata, ma adesso credo purtroppo di aver toccato il fondo".

Questa è la storia di Michela Tresoldi, signora cuggionese che oggi è costretta a vivere tra più Comuni perchè la sua è una professione molto particolare: fa la barbona, anzi no l'abbandonata. Una storia difficile e tormentata, già dal primo pianto al mondo, quando quarantasei anni fa il padre non la riconobbe. Io invece ho avuto la fortuna di incontrare questa donna nel mese di febbraio in un giorno qualunque in biblioteca a Magenta. Con me c'era anche il tenore Michele Saracino, il quale si rese conto del bisogno di Michela, sprovvista di soldi e con lo sguardo perso. Avvicinandosi a noi potei capire la gravità della situazione: Michela viveva con la madre che sfiora i settanta e non certo in un ambiente felice. Lavoretti saltuari persi negli anni, esperienze in azienda in qualità di sarta, ma terminate per via dello stile di vita condotto da Michela, senza amici nè parenti. "Loro si sono sempre dileguati, non un aiuto, non un appoggio da nessuno", racconta. Data la gravità, mi sentii in dovere di darle una delle mie tre spalle, il giornale, a cui appoggiarsi per raccontare la sua storia e trovare un rifugio alla sua disperazione. Quel giorno è arrivato lunedì 17 ottobre, ben otto mesi dopo esserci conosciute al piano superiore della biblioteca magentina. "Da aprile vivo, o meglio sopravvivo in ospedale", spiega Michela, "gli assistenti sociali di Cuggiono" - dove ha residenza la Tresoldi - "non sono stati in grado di trovarmi un posto, nè di lavoro nè per vivere e adesso sono costretta a starmene qui, al Fornaroli". A pranzo Michela è ospite nella mensa della Caritas di Magenta, ma per cena cerca qua e là e allo sportello del bancomat preleva il minimo indispensabile, custodito negli anni durante i quali era in forze. La signora non ha neanche un letto dove riposare e l'unico momento di dignità lo trova in bagno della struttura ospedaliera. Sono sei mesi che non ha risposte da chi dovrebbe intervenire, sei mesi che la sua persona viene calpestata dall'indifferenza dei passanti. Mercoledì pomeriggio abbiamo interpellato, allora, i servizi sociali di Cuggiono, ma una volta lì ci è stato detto che per la privacy non possono rilasciare informazioni in merito. Intanto Michela continua ad alloggiare, insieme ad altre due persone, nell'atrio del secondo piano (vicino al bar) dell'Ospedale G. Fornaroli.

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