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Storie, Cuggiono

L'Albero di don Carlo

Targa al merito per l'ex parroco don Carlo Venturin durante la Festa della Madonna del Rosario.

(VIDEO) “C'erano una volta tre alberi, che crescevano l'uno accanto all'altro nel bosco...”. Inizia così l'omelia di don Carlo Venturin, nella Santa Messa di domenica 11 ottobre, nella solennità della Madonna del Rosario. Con la fiaba di tre alberi e la storia dei desideri e delle speranze di ciò che sarebbero voluti diventare da grandi. In particolare si sofferma sul primo di questi alberi, che sogna: “quando sarò grande, vorrei essere uno scrigno, finemente intagliato, per contenere oro, argento e gemme preziose”. L'albero cresceva fiducioso, nel silenzio del bosco, quando, all'improvviso, la sua vita cambiò completamente. Un boscaiolo lo abbatté e anziché trasformarlo in uno scrigno per tesori e gioielli, ne ricavò una semplice mangiatoia per animali. Gli anni passarono... ma, una notte, il pianto di un bambino appena nato trovò riparo e consolazione nel fieno della culla improvvisata di quella mangiatoia. L'albero capì cosa era successo. “I miei sogni si sono realizzati”, disse. “Non sono stato riempito d'oro e gioielli, ma ho portato il più prezioso tesoro del mondo”. Una metafora della vita, che spesso riserva difficoltà e imprevisti che sembrano spezzare i sogni e le speranze coltivate nel cuore. Ma don Carlo rassicura, con la sua inconfondibile voce: Dio ha un piano per ognuno, sa cosa è il meglio per te e lo realizzerà; anche se all'inizio si fatica a comprendere, invita a rimanere fiduciosi nell'amore di Dio. E' questo l'augurio che don Carlo ha portato con sé, domenica, tornando nella 'sua' Castelletto, domenica 11 ottobre 2015, e con la memoria è impossibile non tornare a un altro 11 ottobre, del 1989, quando, nella comunità di Castelletto, vi arrivò per iniziare il suo servizio. Una Messa attesa dai suoi parrocchiani, che, già la scorsa domenica 3 maggio avevano sperato, per la festa Patronale con la suggestiva processione aux flaumbeaux sul Naviglio, di averlo qui. Ora l'emozione è tanta in questo giorno particolare che vuole omaggiare don Carlo, un pastore attento ai bisogni della sua gente e capace di ascolto, uomo colto e artista creativo, coraggioso e tenace nelle opere in cui si è cimentato. Sembrava difficile, per don Carlo, che si immedesima nell'albero, e alla prima impressione si era trovato un po' spiazzato all'arrivo a Castelletto, al “paes cà sem: un castello diroccato, un canale e un fiume”, riuscire a realizzare tante cose 'buone', come la pubblicazione 'Il Sapore del Vento' (una scommessa difficile, che invece grazie al contributo di tanti venne edita per circa quindici anni) e, soprattutto, la ristrutturazione della splendida Scala di Giacobbe, ideata per iniziative spirituali e al servizio del Decanato. Uno scambio di doni. Don Carlo ha portato con sé un'opera intarsiata in legno, creata personalmente, nel 2007: raffigura la chiesa di Castelletto e l'ingresso della Casa Decanale, con il cancello aperto che invita ad entrare, il cielo torbido come alle volte sopraggiunge, improvviso, ma per il quale bisogna conservare fiducia e ottimismo. Al termine della celebrazione, prima di un piccolo aperitivo e il pranzo, con la possibilità di salutare e scambiare qualche parola con chi fu parroco per 23 anni nella graziosa frazione di Castelletto, nel chiostro della Scala di Giacobbe, insieme al parroco don Angelo Sgobbi, viene scoperta una targa, apposta come segno di riconoscenza e gratitudine dell'instancabile lavoro svolto da don Carlo Venturin per la sua realizzazione. A seguire un caloroso applauso, per la passione e l'affetto sempre dimostrati. Un albero che ha portato, nel 'paes cà sem', molto frutto.

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