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Territorio, Busto Arsizio

"Sorpresi dai lavoratori!"

Comitati e Associazioni ambientaliste del territorio: "Lavoratori Accam siete i nostri primi alleati! Non fatevi strumentalizzare da chi vorrebbe portarvi in un vicolo cieco".

Come Associazioni che stanno muovendosi per una gestione alternativa dei rifiuti, più rispettosa dell’ambiente (comprensive delle priorità previste dalla normativa) ci ha sorpreso la presa di posizione dei “lavoratori” … o forse sarebbe meglio dire di un comunicato, che più che espressione dei lavoratori e dei sindacati che realmente li rappresentano ci sembra portavoce di qualche dirigente aziendale. Per motivi che ci sfuggono, le nostre segnalazioni circa le operazioni in corso da parte della dirigenza vengono vissute come “accuse rivolte al nostro operato” come se lavoratori e dirigenza Accam fossero un tutt’uno e, per le recenti vicende amministrative, venga messa in discussione la “correttezza professionale” dei lavoratori. Anche l’enfasi redazionale “Non raccontate menzogne sull’inceneritore” (v. Varesenews) appare del tutto fuori luogo come pure la generica indicazione, nel comunicato, di “notizie false” da parte di non si sa chi e su cui i lavoratori (non l’azienda!) intenderebbero “adire le autorità competenti”. Sul principale aspetto del contendere, ovvero le implicazioni della qualifica R1 la parola va lasciata al nucleo principale dell’art. 35 dello Sblocca Italia che recita: Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per gli impianti esistenti, le autorita' competenti provvedono a verificare la sussistenza dei requisiti per la loro qualifica di impianti di recupero energetico R1 e, quando ne ricorrono le condizioni e nel medesimo termine, adeguano in tal senso le autorizzazioni integrate ambientali. […] non sussistendo vincoli di bacino al trattamento dei rifiuti urbani in impianti di recupero energetico, nei suddetti impianti deve comunque essere assicurata priorita' di accesso ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilita' residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni. L’intenzione è chiarissima (tant’è che la Regione Lombardia ha ricorso contro la norma davanti alla Corte Costituzionale) : è evidente la concatenazione tra qualifica R1, modifica della autorizzazione (AIA), svincolo dal bacino di conferimento attuale, “disponibilità” a rifiuti anche fuori regione e, infine, smantellamento – di fatto – di aspetti fondamentali della pianificazione regionale in materia. Ovviamente non tutti i passaggi sono stati compiuti, per ACCAM come per gli altri impianti, ma la direzione e quella e il nostro intervento era per segnalare quanto in corso e per indicare che non intendiamo subire passivamente la procedura in corso ma intendiamo avere l’occasione di parteciparvi per dire la nostra, ferma la responsabilità dei decisori. Chiediamo troppo quando chiediamo più informazione, partecipazione e democrazia? Infatti se tutti gli enti preposti erano al corrente della procedura non lo erano i cittadini, nonostante l’attenzione degli ultimi mesi sull’argomento. Peraltro l’unico al corrente era il Comune di Busto Arsizio che ben si è guardato dall’informare anche gli altri comuni consorziati così come ha fatto la dirigenza Accam. Peraltro lo “scambio di corrispondenza” è costituito da ben quattro distinte relazioni (dal novembre 2014) con quattro differenti calcoli con quattro set di valori diversi. Per l’anno 2013 alcuni valori (il potere calorifico dei rifiuti) sono diversi da quelli dichiarati ufficialmente nella relazione annuale di Accam. Di fronte a un gestore smentisce i propri dati ufficiali per sostituirli con altri favorevoli all’esigenza attuale fa sorgere qualche sospetto. Tenuto conto delle recenti modifiche normativa sul cosiddetto fattore climatico, solo con l’ultima relazione di fine giugno 2015 a raggiungere l’indice minimo di rendimento. Nel caso di specie le certificazioni UNI EN ISO 14001 (la OHSAS 18001 riguarda la sicurezza sul lavoro e non l’ambiente) non sono bastate a garantire – ad esempio – vi fosse certezza sui dati utilizzati per il calcolo dell’indice. I valori utilizzati, in particolare per il calcolo del potere calorifico dei rifiuti, sono disponibili solo da parte dell’azienda, sono stati prodotti ad hoc per la richiesta e, a tutti, sarebbe utile un confronto con i lavoratori per capire se i valori utilizzati sono esatti. Anche qui, a cosa serve avere una certificazione ambientale che include una politica di trasparenza se, quando serve davvero, non la si applica ? Per quanto concerne la piena rispondenza dell’esercizio dell’impianto alle normative ambientali non bisogna dimenticare che – come altri impianti ben più “giovani” – Accam ha ricevuto delle diffide per il superamento di soglie di emissione (ossidi di azoto) nonché le ispezioni Arpa hanno riscontrato la non completa attuazione delle prescrizioni della AIA del 2007. Non ci riferiamo certo al revamping (che non è mai stata una prescrizione ma una richiesta di Accam) ma agli interventi previsti (entro fine 2012) sul sistema di abbattimento fumi per ridurre le emissioni di ossidi di azoto. Segnalare aspetti di non conformità non significa contestare ai lavoratori la loro professionalità o integrità, è esattamente l’opposto : permette invece di meglio difendere la salute e l’integratità dei lavoratori. Le incertezze espresse dai lavoratori ci trovano invece sostanzialmente d’accordo : le associazioni scriventi e la quota maggioritaria dei comuni consorziati, stanno lavorando affinchè sia data una risposta positiva a quelle domande. Risposte nelle quali il ruolo dei lavoratori per realizzare gli impianti alternativi sarà prezioso. Condividendo gli obiettivi sulla gestione alternativa dei rifiuti potremo, tutti assieme, far diventare la vicenda Accam una riuscita esperienza di riconversione ecologica di uno strumento intrinsecamente obsoleto quale è l’incenerimento dei rifiuti. In questa direzione vi è anche il futuro dei lavoratori e dell’azienda, evitando l'impaludamento delle decisioni prese e il rivolgersi altrove dei comuni per smaltire i loro rifiuti. (I comitati e le associazioni ambientaliste del territorio).

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