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Attualità

Muri da far cadere

Era il 9 novembre del 1989 quando tantissime persone in festa parteciparono alla demolizione del Muro di Berlino. Le immagini di quel fatto sono riportate oggi da televisioni, giornali, siti internet, libri, dove i giovanissimi imparano a conoscere la storia di quel simbolo della divisione ideologica dell'Europa e del mondo intero.
Ieri, nell'anniversario della caduta del Muro di Berlino, una grande festa nella capitale tedesca ha celebrato con solennità la memoria di un giorno destinato a cambiare la storia e a segnare la fine della guerra fredda. 25 anni dopo, alla Porta di Brandeburgo, tra proiezioni di immagini in bianco e nero e testimonianze, colpiscono quegli interminabili palloni bianchi luminosi posizionati sul percorso del confine che divise la città, e la Germania, in due parti, Est e Ovest, per 28 lunghissimi anni e poi lasciati volare in cielo.
Papa Francesco ha ricordato ieri, durante l'Angelus, il ruolo di protagonista che San Giovanni Paolo II assunse per quella svolta e ha pregato affinchè “si diffonda sempre più una cultura dell'incontro, capace di far cadere tutti i muri che ancora dividono il mondo e non accada più che persone innocenti siano perseguitate e perfino uccise a causa del loro credo e della loro religione”.
Nella foga di quel giorno, fu demolita la maggior parte del Muro, emblema della divisione Usa-Russia, grazie al popolo tedesco, e non solo, che con coraggio riprese in mano il proprio destino con una rivoluzione pacifica e che ha lottato e sofferto, anche fino al sacrificio della vita. Pochi brandelli, decorati con scritte e graffiti, nelle cui fessure moltissimi ieri hanno deposto delle rose, rimangono oggi nell'ex capitale divisa a testimonianza di quel Muro che, innalzato, demolì amicizie e legami. La sua distruzione permise la riunificazione della Germania e la fine della contrapposizione tra due realtà del mondo.
Ora, quell'evento così significativo, deve divenire monito per evitare il ripetersi di simili antagonismi. Muri 'invisibili' ve ne sono ancora troppi, spesso silenziosi e dimenticati, frutto di antichi pregiudizi o di una crisi economica che è in realtà soprattutto sociale.

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