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Attualità, Sociale

Milano: sei nuovi ‘Giusti’

Da Nelson Mandela, Papa Giovanni XXIII, Beatrice Rhoner e tre milanesi

Milano inserisce nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo sei nuove figure esemplari. Al Monte Stella, sede dal 2003 dell’istituzione, sono stati celebrati Nelson Mandela, papa Giovanni XXIII, Beatrice Rhoner e tre milanesi: monsignor Giovanni Barbareschi, Fernanda Wittgens e Giuseppe Sala. Per ognuno è stato posto a dimora un pruno , albero simbolo di primavera, rinnovamento, giovinezza, immortalità, e un cippo in granito, emblema di resistenza e forza. Il primo Giardino dei Giusti nacque a Gerusalemme nel 1960 allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto, in segno di gratitudine verso persone non ebree che salvarono ebrei durante la Shoah. Di lì è diventato modello per dare riconoscimenti pubblici a uomini e donne che si sono opposti a persecuzioni e genocidi in altre situazioni. Altre sedi son sorte a Yerevan e Sarajevo. Eco di tale visione universale è l’inserimento a Milano di Beatrice Rhoner, che salvò ad Aleppo moltissimi bambini armeni vittime del governo dei Giovani Turchi, nel 1915; di Mandela, eroe dell’antiapartheid e di Angelo Roncalli, che, nunzio a Istanbul, dal 1944 informò Pio XII delle persecuzioni naziste e lui stesso si batté a favore degli ebrei. Monsignor Barbareschi, ad esempio, che all’indomani dell’ordinazione, nell’agosto ’43, finì a San Vittore: a 92 anni, lucidissimo, oggi va nelle scuole e racconta ai giovani cos’ha voluto dire per lui, prete, farsi “ribelle per amore”. Entusiasma i giovani riuscendo a passare i valori della Costituzione frutto della Resistenza, etica pubblica e cittadinanza attiva, oltreché di ricerca di sé, del compito importante che uno ha nella vita. In tempi di ‘Monuments Men’ Fernanda Wittgens, direttrice di Brera, mise al sicuro opere d’arte, riuscì a evitare razzie naziste e fece fuggire ebrei: un esempio di come vita, dignità umana e beni culturali siano una cosa sola. Giuseppe Sala, dal canto suo, anticipò i concetti di rete e di solidarietà, ponendo al servizio della Resistenza una famosa istituzione caritativa ambrosiana: l’Opera San Vincenzo, che gestì gli aiuti a soldati che non volevano schierarsi con Salò, antifascisti, ebrei. Ora, Milano e i milanesi possono, ma sopratutto devono, ricordarli.

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