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Attualità

La guerra tra Israele e Hamas

Testimonianza dalla Terra Santa del cuggionese don Gianbattista Rota

I salmi dell’Antico Testamento già raccontano lo spirito vendicativo e bellicoso dei popoli del Medio Oriente. Dispute e sfide nei luoghi fondamentali dove le tre grandi religioni monoteiste hanno trovato origine e fondamento. Ma secoli di evoluzioni, persecuzioni, diaspore, olocausti e guerre di religione non hanno portato ancora ad una pace vera e duratura. Ogni accordo di pace viene contrassegnato da dichiarazioni di fuoco di leader islamici o rappresentanti politici, intanto la gente muore e non vi è un reale futuro per le giovani generazioni. Tanti raccontano che quella ‘scattata’ durante le nostre festività natalizie sia ormai la ‘Terza Intifada’ (termine arabo che vuol significare nella fattispecie “rivolta”, “sollevazione”, ndr), in sostanza si tratta di una vera e propria guerra tra Israele (con il suo esercito regolare ed organizzato) e i fondamentalisti di Hamas (veri e propri terroristi che non si fanno scrupoli di nascondersi tra la gente comune). Per stabilire chi abbia iniziato per primo a colpire e per quale motivo è ormai una storia che si perde nei tempi che furono. Col termine ‘Striscia di Gaza’ si indica un territorio palestinese confinante con Israele ed Egitto nei pressi della città di Gaza. Si tratta di una regione costiera di 360 km² di superficie popolata da circa 1.400.000 abitanti di etnia arabo palestinese. Quest’area non è riconosciuta internazionalmente come uno Stato sovrano, ma è reclamata dall’Autorità Nazionale Palestinese come parte dei Territori palestinesi. Dalla battaglia di Gaza del 2007 il governo della striscia è oggi nelle mani dell’organizzazione palestinese Hamas. I militanti di questa organizzazione puntualmente lanciano missili sulle vicine città israeliane. Un ferito oggi, un morto domani. Alla fine Israele ha reagito con tutta la forza possibile: attacchi aerei, dal mare e con le forze di terra, per un bilancio di oltre 1000 morti. “Un errore che spesso si fa è generalizzare il fenomeno - ci dice don Gianbattista Rota, giovane sacerdote cuggionese con parrocchia a Melegnano - Non è tutto il Medio Oriente che è ‘in fiamme’, ma solo un’area. Io sono tornato il 5 gennaio, ma ci tengo a sottolineare questo aspetto proprio per la complessità della vicenda. Ho compiuto un pellegrinaggio con altri insegnanti di religione tra Betlemme e Nazareth, il nostro autista era arabo mentre la guida israeliana. Lì non vi è nessuna guerra, ci sono limiti precisi in cui la gente convive. Gli arabi non entrano in territorio israliano e così è il contrario. Per loro è normale, è la vita. Paradossalmente vi è più tranquillità là che non a casa, da dove ci mandavano messaggi preoccupanti. Un ulteriore aspetto da sottolineare è la loro considerazione dei pellegrini: per entrambe le fazioni sono intoccabili, sia per motivi religiosi, ma molto più banalmente anche per l’aspetto economico. Nè arabi che israeliani potrebbero vivere in un territorio così privo di risorse senza i turisti. Una cosa ci ha colpito: poco dopo i primi attacchi israeliani i negozi islamici di Betlemme hanno fatto una grande serrata di protesta. Una forma civile di dissenso che magari a tanti può apparire banale. Una cosa però è certa: questi sono popoli che hanno grande bisogno di pace, vi è già fin troppa povertà”.

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