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Politica

Primarie PD: avanti Bersani, ma Renzi...

I risultati sono stati già evidenti domenica sera: Bersani e Renzi si sfideranno al ballottaggio domenica 2 dicembre. Il segretario nazionale ha ottenuto il 44,9%, mentre lo sfidante Renzi il 35,5 %. Buono anche il risultato di Nichi Vendola (circa il 15%), mentre Laura Puppato e Bruno Tabacci (che hanno risentito anche di scarsa presenza mediatica) hanno ottenuto rispettivamente il 3 e l’1,2%. L’affluenza al voto è stata molto alta: più di tre milioni di persone hanno espresso la propria preferenza per scegliere il candidato premier del centro-sinistra alle prossime elezioni. La Lombardia, e la provincia di Milano in particolare, non sono state da meno: in diversi paesi dell’area castanese l’affluenza è stata piuttosto alta, e i voti hanno ricalcato le preferenze evidenziate in ambito nazionale. Turbigo, Robecchetto, Magnago, Inveruno, Cuggiono e Castano Primo hanno registrato dai 200 agli oltre 300 voti. Al di là delle singole cifre, i risultati delle primarie palesano alcune tendenze politiche, ormai familiari in questi mesi. In primo luogo, le regole non hanno ostacolato l’affluenza al voto: nel 2005 (anno in cui si inaugurarono le primarie, in questo caso di coalizione e vinte da Prodi) i voti totali erano 3088, contro i 2262 di domenica (voti validi 2258). Solo sette anni fa, però, l’economia non attraversava una fase di profonda recessione, crisi che ha reso evidenti le falle del sistema politico italiano; e l’anti-politica, o la richiesta disperata di gestire in modo più efficiente- e magari anche onesto- la cosa pubblica, non era un sentimento così urgente e diffuso. La volontà di partecipare non si è eclissata solo per qualche minuto in più perso nel registrarsi, come invece temeva Matteo Renzi. Avere delle regole non significa solo mettere la propria firma, o “donare l’obolo”: a mio avviso, potrebbe dare anche la sensazione di appartenere a un gruppo, ampio e spesso anonimo, che però crede, o spera ancora di credere, in un progetto politico. Il secondo punto che mi preme sottolineare è che il radicamento sul nostro territorio, attribuito generalmente alla Lega Nord, non vede il Pd in posizione disperata: in un contesto storico nel quale i partiti politici ritengono che cambiare nome e simbolo significa rinnovarsi, con leader che dichiarano morte le proprie creature a seconda dei sondaggi, il Pd avrà molti limiti, ma non sembra un partito di plastica, grazie anche ai suoi elettori.

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