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Family 2012

Si apre il Family 2012

Si è aperto domenica 27 maggio il VII Incontro mondiale della famiglie di Milano con la celebrazione della Pentecoste in Duomo da parte dell'Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola.
''Due tratti segnano a partire dal giorno di Pentecoste la vita della Chiesa: l'unità e la missione'' e proprio di questa unità ''quanto ne ha bisogno il mondo, quanto il nostro amato Paese, quanto ne ha bisogno la Chiesa'', questi alcuni dei passaggi dell'omelia pronunciata dall'Arcivescovo Scola che ha celebrato la Messa davanti a oltre 5000 volontari a Milano per Family 2012. Scola ha rivolto loro il ringraziamento ''di tutta la Chiesa ambrosiana e universale, che ha in Pietro la sua roccia''.

Ragazzi e ragazze giovani provenienti da tutta Italia e dal mondo, ma anche adulti e anziani, tutti con indosso la polo bianca e rossa con il simbolo stilizzato della cattedrale dove, per la prima volta, è risuonato l’Inno ufficiale di Family 2012.

I volontari, ai quali il cardinale Angelo Scola ha consegnato il mandato, saranno di supporto ai pellegrini del VII Incontro mondiale delle Famiglie di Milano, che culminerà con il viaggio apostolico di Papa Benedetto XVI da venerdì a domenica.

''La manifestazione dell'unico Spirito ha un solo scopo" ha detto Scola "l'edificazione della Chiesa nel bene comune'' e proprio questa unità ''è la Chiesa bella che dobbiamo testimoniare''.

L'Arcivescovo di Milano ha poi sottolineato il significato dell'Incontro mondiale delle famiglie: "Il dono dell'unità rifulgerà nella reciproca testimonianza che famiglie provenienti da più di 150 Paesi del mondo offriranno in modo speciale nella celebrazione eucaristica di domenica 3 giugno presieduta dal Santo Padre''.

Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano

1. «Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano» (Lettura, At 2,2).
San Luca, con dovizia di particolari, ci dice le modalità con cui avviene la Pentecoste. «All’improvviso», cioè come dono non esigibile; «dal cielo», cioè da Dio; il «fragore» e il «vento che si abbatte impetuoso» indicano la potenza dell’irruzione; infine l’espressione «riempì tutta la casa» dice come il dono sia totale. Il dono dello Spirito è poi descritto dall’evangelista a partire da tutti i suoi effetti nella vita di coloro che lo ricevono.
Forse, carissimi fedeli e carissimi volontari del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, per meglio cogliere che cosa significa un dono per gli uomini possiamo rifarci ad un elemento fondamentale dell’esperienza familiare: la nascita di un figlio. Non è forse questo un dono gratuito che eccede persino il gesto di amore dei genitori e irrompe potente con la sua irriducibile singolarità ridefinendo totalmente la vita della famiglia? Così avviene, in misura imparagonabilmente maggiore, con il dono dello Spirito del Padre e del Figlio nella comunità cristiana. Dono che ci rende figli nel Figlio.
Le parole di Luca ce lo indicano, per come è possibile umanamente spiegare cose del genere: il dono dello Spirito è un’esperienza eccedente ogni misura. è la pienezza di Dio che si riversa sull’umanità dei discepoli, colmandola. Quella pienezza che riempie il tempo («mentre stava compiendosi il giorno»), lo spazio («riempì tutta la casa»), tutta la loro sensibilità («e tutti furono colmati di Spirito Santo» At 2,4).

2. Ma da dove viene tanta grazia? «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre» (Vangelo, Gv 14,16). Gesù si presenta come intercessore presso il Padre, Colui che può elargire tale dono, il dono dello Spirito. La sua intercessione poggia sul dono totale di Sé, cioè la Sua Pasqua che per cinquanta giorni abbiamo celebrato con gioia. Dopo aver compiuto, con la Sua morte e resurrezione, la propria opera nel mondo, Egli torna al Padre. Ma questo Suo andarsene non è un abbandono. Anzi è la possibilità di un nuovo venire «non vi lascerò orfani, verrò da voi!» (Vangelo, Gv 14,18). E la novità di questa nuova venuta è la Sua permanenza tra di noi: «Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo».
Una permanenza all’insegna della familiarità: «Lo Spirito… che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi» (Vangelo, Gv 14,17). Le enigmatiche parole di Gesù fanno trasparire un mistero, cioè l’identificazione tra la persona di Gesù (e la sua presenza fra i Suoi) e il dono dello Spirito. Egli lo chiama appunto un «altro Paràclito» (Vangelo, Gv 14,16). Lo Spirito è da Gesù assimilato alla Sua presenza consolatrice, fortificante, intercedente. I discepoli scoprono così che la familiarità vissuta con Gesù ha come frutto la loro assimilazione a Lui. Tanto che ne conoscono lo Spirito, ne sono già stati resi partecipi. Per questo san Paolo può affermare perentoriamente: «Nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire “Gesù è anatema”; e nessuno può dire “Gesù è il Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (Epistola, 1Cor 12,3).

3. Il segno di questa assimilazione a Cristo, opera dello Spirito, è la vita nuova che lo Spirito di Gesù Cristo genera nei cristiani. Non per i nostri meriti, ma secondo la Sua misericordia, essi sperimentano (l’evangelista Giovanni usa la parola «saprete» con questo significato) una vita nuova, che eccede del tutto la loro umana capacità.
Lo si vede bene dai due tratti che segnano a partire dal giorno di Pentecoste la vita della Chiesa: l’unità e la missione.
Tra poco pregheremo il Padre dicendo: «Rinnova, o Dio, il prodigio della Pentecoste; fa che i popoli dispersi si raccolgano e le diverse lingue si uniscano a proclamare la gloria del tuo nome» (Orazione a conclusione della Liturgia della Parola). L’unità è espressa dal fatto che «si trovavano assieme nello stesso luogo» (Lettura, At 2,1), dall’unico evento al quale partecipano che è lo Spirito stesso («furono colmati tutti di Spirito Santo» Lettura, At 2,4) e dal fatto che tutti proclamano la medesima cosa. Un’unità che esalta poi il dono di ciascuno. Lo mostrano le lingue di fuoco su ciascuno di essi, ma ancor più la lista delle persone (nazioni rappresentate) presenti a Gerusalemme e partecipi anch'esse dell'evento. Inoltre il racconto degli Atti più volte sottolinea che il fenomeno non è indistinto, è su ciascuno (Lettura, At 2,3) che si posa lo Spirito, ed è a ciascuno che lo Spirito parla tramite gli apostoli nella propria lingua. L'unico evento, la medesima parola, a molti e diversi, ma distintamente singolarmente, a ciascuno secondo la propria storia e cammino personale.
San Paolo, da parte sua, sottolinea lo stesso carattere (pluriformità nell’unità), non tanto riferendolo all’annuncio quanto alla vita della Chiesa. «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore» (Epistola, 1Cor 12,4-5): un unico Spirito ma nella diversità dei carismi e dei ministeri. La manifestazione dell’unico Spirito ha un solo scopo, l’edificazione della Chiesa nel bene comune (Epistola, 1Cor 12,7) che è lo stesso Cristo Signore. Con insistenza quasi eccessiva l’Apostolo torna continuamente sullo stesso concetto: la ricchezza e la varietà delle manifestazioni (dono della libertà dello Spirito, che le distribuisce a ciascuno come vuole, cf. 1Cor 12,11) non annulla, anzi esalta l’unità. Ma l’unità è per la missione. Il racconto degli Atti sottolinea i caratteri di questo “prodigio” operato dallo Spirito nell’annuncio missionario dei primi. A questo proposito il grande san Bernardo, descrivendo il prodigio della Pentecoste, dice: «Era evidente che erano rivestiti di potenza dall’alto, loro che da così evidente pusillanimità dello spirito sono giunti a così grande fermezza. Non accadde infatti più che fuggissero, non più che si nascondessero per timore dei Giudei; ora predicano con tanta più fermezza di quanta timidezza li spingesse prima a nascondersi» (Sermo I, Quomodo Spiritus Sanctus tria operatur in nobis).

4. Il VII Incontro Mondiale delle Famiglie è un’occasione privilegiata per contemplare all’opera il dono dello Spirito attraverso l’unità e l’urgenza missionaria che suscita in tutti noi.
In particolare in tutti voi volontari convenuti oggi in Duomo per celebrare insieme all’Arcivescovo la solennità di Pentecoste e invocare una particolare grazia dello Spirito per i giorni che ci aspettano. I diversi servizi che siete chiamati a svolgere in questi giorni sono tutti espressione dell’unità che noi viviamo. Tutta la Chiesa ambrosiana e la Chiesa universale stessa vi dicono fin da ora il loro grazie. Insieme al termine di questa solenne azione eucaristica ci rivolgeremo con una speciale preghiera allo Spirito Santo, perché ci illumini sul significato di questo prezioso servizio e ci sostenga nella sua attuazione.
Poi il dono dell’unità rifulgerà nella reciproca testimonianza che famiglie provenienti da più di 150 paesi del mondo offriranno lungo tutta questa settimana e, in modo speciale, nella grande celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre. Siano questi giorni in cui ognuno di noi possa scoprire il dono dell’unità nel variegato mosaico di nazioni e di culture con cui ci incontreremo. Questa occasione sarà, per i milanesi e gli abitanti delle nostre terre, una scuola privilegiata per imparare a vivere la Milano del futuro.
Ma come dicevo prima l’unità che lo Spirito fa fiorire nella Chiesa è per il bene del mondo. Il VII Incontro Mondiale è un’occasione missionaria di primo ordine. Il tema dell’Incontro - La famiglia: il lavoro e la festa - ci aiuta ad identificare gli ambiti essenziali della nuova evangelizzazione, che chiede di farsi carico dei bisogni dei nostri fratelli uomini, incoraggiando noi stessi e loro a scoprire tutta l’altezza, la larghezza e la profondità del desiderio infinito che abita il cuore di ogni persona. Essere definitivamente amato da un padre, una madre, da fratelli sorelle e nonni e nonne, edificare il mondo, vivere tempi gratuiti e comuni: non è forse questo ciò che ogni nostro contemporaneo cerca formando una famiglia, lavorando e riposando? Se ripartiremo da una condivisione sincera e partecipe di questi “fondamentali” dell’esistenza quotidiana, che ci accomunano a tutti gli uomini, noi cristiani avremo l’occasione di abbattere steccati artificiosi e porre fine a indebite separatezze. Faremo risplendere il nostro contributo alla vita buona personale e comunitaria.

5. Domandiamo in questa Santa Eucaristia per noi e per tutti i cristiani della nostra amata Chiesa che il Padre «ci comunichi il fervore dello Spirito, che animò visibilmente gli apostoli e li rese nel mondo testimoni del Vangelo» (Dopo la Comunione). Amen.

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