Sociale, Milano
Una testimonianza preziosa, quella della madre Antonia Salzano, che ci permette di conoscere un po’ meglio il giovane milanese che viene proclamato Santo.
Tra le molte iniziative, di questi mesi, per far conoscere l’importante esempio e testimonianza del beato Carlo Acutis ai giovani e alle comunità vi è la bella proposta della FOM (Fondazione Oratori Milanesi) che permette di accogliere per una settimana una reliquia del futuro Santo presso Oratori e Parrocchie. Ad inizio febbraio questa preziosa opportunità è stata colta dall’Oratorio San Giovanni Bosco di Cuggiono che, per il Decanato di Castano Primo, ha ospitato la reliquia dal 2 al 9 febbraio. L’evento ha visto una partecipazione molto numerosa e sentita da parte della comunità locale, che ha accolto con grande devozione la reliquia del giovane beato, noto per il suo amore verso l’Eucaristia e per l’uso dei mezzi digitali a servizio del Vangelo. Il programma, ricco di momenti di preghiera, meditazione e adorazione, ha coinvolto persone di tutte le età, offrendo un’importante occasione di riflessione e approfondimento spirituale. Ogni giornata ha registrato una significativa affluenza di fedeli, bambini e ragazzi, desiderosi di avvicinarsi alla figura di Carlo Acutis e al suo messaggio di fede autentica e vissuta nella quotidianità. In particolare, il momento più toccante è stato l’incontro finale di domenica pomeriggio con i giovani del decanato di Castano Primo. La Sala della Comunità ha ospitato un emozionante dialogo con suor Monica Ceroni, preside di Carlo Acutis, seguito da un collegamento video con la madre del beato, Antonia Salzano. E l’occasione, ha proprio permesso di ascoltare dalla mamma del futuro Santo alcuni spunti che possono far riflettere: “L’infanzia e l’adolescenza di Carlo erano simili a quelle dei suoi coetanei: la mattina dedicata alla scuola, il pomeriggio allo studio e il tempo libero allo sport. Li ha provati quasi tutti: ha fatto karate, tennis, sci, basket, nuoto e calcio – elenca la madre – In particolare, aveva simpatia per il Milan, ma non era un tifoso accanito. Non mi ha mai chiesto di portarlo allo stadio”. L’adolescenza di Carlo, però, non è trascorsa senza sofferenze. Le sue incertezze e insicurezze da quindicenne, secondo il racconto di Antonia Salzano, le confessava spesso alla madre: «Era consapevole della sua fragilità, mi ha detto molte volte di essersi sentito solo, perché con i suoi amichetti faticava a parlare. Capitava che fossero come dei muri di gomma». Per Salzano, era l’attitudine di Carlo, già impegnato quotidianamente nella preghiera e nell’adorazione eucaristica, a non essere compresa dai suoi coetanei. Durante gli anni del liceo, in effetti, suo figlio già coltivava qualche progetto per la vita adulta: “L’anno in cui è morto – confessa la madre – eravamo a Santa Margherita Ligure e lui mi chiese: ‘Ma tu che ne penseresti se io mi facessi sacerdote?’. Gli dissi che, se lui si fosse sentito di percorrere quella strada, io ne sarei stata contenta. E la stessa domanda l’aveva fatta anche alla nonna, come mi confidò in seguito”. Un pensiero che sarebbe stato stroncato solo dalla morte, giunta nell’ottobre del 2006. A cui Antonia Salzano, a distanza di quasi vent’anni, accenna con voce ferma e con il sorriso: “Carlo mi ha insegnato a credere nell’Eucarestia, che ora mi guida. Non l’ho vissuta come una fine ma come una separazione”. Il racconto è poi proseguito con la testimonianza della quotidianità del giovane Carlo, del suo ‘vivere’ l’adolescenza ma avendo sempre nel cuore un forte legame d’amicizia e di impegno verso Gesù.